Nella caccia ai falsi invalidi fate attenzione a quelli veri

La storia che raccontiamo in questa pagina è penosa, triste, cinica. Un diritto negato dalla burocrazia che si sveglia troppo tardi, quando è morto il bimbo che doveva usufruirne. Ma questo è il mondo degli invalidi, variegato, zeppo di contraddizioni. È una «terra sconosciuta» la definisce Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps «dove stanno insieme il malato di Sla e chi ha un dolore al gomito».
Forse è per questo che è così difficile distinguere i buoni dai cattivi, i falsi invalidi da quelli veri, le persone che soffrono e quelle che se la ridono alle spese della collettività. L’Inps, a dire la verità, sta facendo un lavoro egregio negli ultimi tempi. Cerca di stanare i furbi. E molte volte ci riesce, basta pescare nel mucchio e qualcosa arriva sempre. L’anno scorso, su un campione di 200mila pratiche controllate, ne sono state cancellate ben 22mila, poco più del 10 per cento. Erano intestate a gente in buona salute. Altre 20mila sono in attesa di esame e definite a rischio. Per il 2010 sono stati disposti centomila nuovi controlli straordinari, restringendo il campo solo ai casi più sospetti: assistiti in giovane età o affetti da patologie dalle quali solitamente si guarisce.
È un lavoro delicato, complesso ma anche molto burocratico. Il rischio di schiacciare anche i malati veri è sempre in agguato. «Negli anni scorsi la situazione era grottesca - racconta Lara Giacopelli, presidente dell’Anmic, l’Associazione mutilati e invalidi, di Prato -. Mia zia è disabile dalla nascita ed è stata chiamata almeno dieci volte dall’Inps per verificare il suo stato di salute». Ma non solo. Le chiamate all’appello riguardavano anche i cerebrolesi, i pluriamputati. Sottoposti a nuove e mortificanti visite dai risultati scontati.
Per fortuna l’Inps ha ridotto il campo d’azione elencando in tabelle ad hoc, patologie permanenti e quelle irreversibili. Almeno non si scomoda inutilmente chi sta messo peggio. Nonostante le limitazioni, i disagi a volte colpiscono ancora chi non se lo merita. «Le verifiche sono fatte a campione – racconta Giacopelli -. E alla chiamata l’invalido deve presentare una documentazione medica aggiornata. Ma serve tempo e a volte l'assistito finisce col presentarsi alla visita senza documenti aggiornati». Il risultato? «L’Istituto previdenziale può sospendere il pagamento della pensione all'invalido che potrà ottenere la restituzione delle somme arretrate solo quando la verifica va a buon fine». Intanto, però, l’invalido resta senza il sussidio per diversi mesi, spesso unica fonte di sostentamento.
Altro intoppo. Attualmente la domanda di invalidità si presenta direttamente in via telematica. Ma, spiegano all’Anmic, solo quattro su dieci medici curanti sono abilitati a inoltrare la richiesta visto che molti non possiedono neppure un computer. Così gli invalidi sono costretti a rivolgersi ai medici certificatori - privati - che si fanno pagare dai 70 ai 90 euro per compilare una certificazione.
Insomma, la burocrazia pesa e costa. E sono proprio le montagne di carta e di documentazione a favorire i truffatori. Bastano medici compiacenti e il gioco è fatto.
Le difficoltà maggiori sono legate alle disabilità più difficili da verificare, ad esempio le patologie mentali. E basta parlare con un medico della commissione di controllo per sentire di scene tragicomiche: pazienti che fanno scena muta, si gettano per terra o minacciano di darsi fuoco per dimostrare di essere folli.

Ma a fronte dei truffatori, ci sono malati veri costretti a ripetere la visita e fornire tonnellate di documentazione, una prassi burocratica non facile da affrontare per chi ha un serio disagio, col rischio ogni volta di perdere la propria fonte di sostentamento. Al contrario, per il finto disabile ben organizzato il labirinto dell’accertamento cartaceo è un territorio agevole. La battaglia ai falsi invalidi deve proseguire. Ma con tanta attenzione a quelli veri.

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