Nella casbah di Sassuolo: «Stiamo coi carabinieri»

Furti, scippi e aggressioni sono all’ordine del giorno. Il sindaco: «Qui chi difende i cittadini rischia la vita»

Nella casbah di Sassuolo: «Stiamo coi carabinieri»

Gabriele Villa

nostro inviato a Sassuolo (Modena)

Benvenuti nella casbah del quartiere Braida. Dove la realtà supera di gran lunga l’immaginazione. Ti sei appena lasciato alle spalle, trecento metri prima, il cartello che segna l’ingresso nel centro abitato di Sassuolo. Sei tornato a stupirti col naso all’insù, come un bambino, dentro il tunnel della ceramica, quel segmento di strada provinciale che appiccica l’una all’altra, come piastrelle, le fabbriche che hanno dato celebrità alla zona, e già il sogno svanisce. Si infrange sui muri sbrecciati. Sui balconi sfregiati di via Adda 77. Una parabola per ogni balcone. Che insieme fanno cento, mille parabole. Che seguono e inseguono i segnali di Al Jazeera e Al Arabya. E, dentro l’appartamento, dietro a quelle parabole, dieci-quindici persone, pigiate dentro gli alveari che un tempo erano il punto d’arrivo degli immigrati del Sud. Che qui, con le mani impastate nell’argilla, cercavano la loro pepita d’oro per risollevarsi dalla miseria. «Erano gli anni Sessanta, ma sembra un secolo fa. Ora qui dobbiamo solo guardare e stare zitti», dice scuotendo la testa Enrico vice-titolare dell’edicola giust’all’inizio di via Braida. Qualcosa di simile ad un avamposto, quest’edicola. Che potrebbe, a ragione, venir definita l’ultimo segno di civiltà occidentale, il check-point che divide due Sassuolo, quella araba da quella italiana. Immigrati del Sud ne sono rimasti, sono diventati sassuolesi a tutti gli effetti ma intorno, ovunque, è casbah. Dietro alle sopravvissute casette dai mattoni rossi di via Tevere, che ancora mostrano un pallido belletto è subito un girone dantesco, una sequela di Marrakech Phone, Ghana Enterprise, Zyta Macelleria. Un pugno nello stomaco che fa male almeno quanto quello sferrato da quei carabinieri esasperati che sono stati ripresi dal telefonino maghrebino e messi in rete perché venissero pubblicamente svergognati e immediatamente puniti. Botte sono state botte, per carità. Ma il puntuale titolare del telefonino maghrebino non ha avuto tempo per inquadrare e mandare in rete tutto ciò che qui è sotto gli occhi di tutti da tempo. Da troppo tempo. Già, perché Braida sta a Sassuolo come Scampia, dove aizzano i cani contro i poliziotti, sta a Napoli. Perché non passa giorno, prendetevi la briga di sfogliare il brogliaccio custodito dal piantone, alla caserma dei carabinieri, che non si segnalino risse, furti, scippi, aggressioni, nella zona di via Adda e nell’altra metà della casbah poco più là, lungo la circonvallazione sud-est, dove, al 187, c’è l’altro palazzone in mano agli immigrati del Nordafrica.
Ecco perché la gente di Sassuolo non ci sta. O meglio sta da una parte sola, dalla parte delle forze dell’ordine. E promette di sostenere una manifestazione che il sindacato di polizia ha in animo di organizzare domani. Quarantaduemila abitanti, 4000 immigrati arabi in regola, almeno duemila i clandestini. Sgrana il rosario della disfatta il sindaco Graziano Pattuzzi, bandiera della Margherita, ma cuore che batte solo per la sua gente e la sua terra. «Francamente abbiamo fatto di tutto per dare una mano a questa gente, abbiamo cercato il dialogo con i due responsabili dei centri islamici, abbiamo cercato di dare le case solo a quelli in regola. Ma il problema è che quelli in regola sono le prime vittime dei loro connazionali clandestini. Spacciatori e malviventi che fanno irruzione nelle loro case che si impossessano delle loro cose, che impongono omertà e connivenza nei traffici illeciti. I primi ad essere terrorizzati sono proprio gli immigrati puliti. E senza il loro aiuto mi rendo conto che carabinieri e polizia non possono far nulla. Lo sa che più d’una volta, quando hanno provato ad avvicinarsi per far piazza pulita sono stati presi a sassate? Qui rischiano la vita, sono in trincea tutti i giorni, questa è la verità».
La verità finisce anche su un foglio di carta. Su dieci, cento fogli, di carta che circolano per la città e fanno il loro ingresso trionfale anche in municipio. Sono i fogli della Santa Alleanza che la città di Sassuolo stringe con i carabinieri e le forze dell’ordine. È la raccolta di firme più spontanea e accorata che un popolo ferito e sbeffeggiato nei suoi valori più cari vuole sottoscrivere. Tornino i carabinieri trasferiti e arrivino altri carabinieri. «Se, come istituzione, non posso che condannare quelle violenze – sottolinea il sindaco - nello spirito sono con miei concittadini. Quello che è stato picchiato era un pluri pregiudicato, una persona pericolosa. Non abbiamo certo bisogno che vengano mandati via dei carabinieri ma dell’esatto contrario. Che le forze dell’ordine di stanza a Sassuolo vengano finalmente rafforzate e messe in condizioni di operare con tutti i mezzi e le tecnologie più moderne per arginare questa situazione. È la richiesta che ho fatto al prefetto di Modena».
I carabinieri di Sassuolo hanno cercato di dissuadere la raccolta di firme e di smorzare i toni della polemica ma la verità è confermata puntualmente dalla gente. Che esce con il passo affrettato dalla Coop di Mezzania, proprio nel cuore della casbah. «Qui non si può più vivere tranquilli, c’è da stare tappati in casa - dice - guardandosi attorno con fare circospetto, la signora Lia Mirandola.

Se avessimo i soldi io e mio marito ce ne saremmo andati da un pezzo. Ma siamo pensionati e non ce la facciamo. Quel tipo che i carabinieri hanno picchiato lo conoscevano tutti. È un violento, sempre ubriaco, faceva paura».

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