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Nella Gomorra democratica spunta l’uomo di D’Alema

Le carte dell’inchiesta sul clan dei casalesi e il Pd: appalti e relazioni pericolose di Enrico Intini, l’amico di Max e di "Giampy" Tarantini. Facori ai boss nel casertano in cambio di voti: così gli ex Ds gestivano il potere

Nella Gomorra democratica  spunta l’uomo di D’Alema

Gomorra rossa, spunta l’uomo di D’Alema. Nelle carte dell’indagine sulle commistioni tra il clan dei casalesi ed esponenti dei Ds, ora Pd, nei dintorni di Caserta, figura l’imprenditore Enrico Intini (nel tondo) amico di Massimo D’Alema e di Gianpaolo Tarantini. Intini è citato negli atti dell’inchiesta che, decapitando la «cricca» politico-mafiosa di Villa Literno ha mandato in carcere l’ex sindaco Pci-Ds, Enrico Fabozzi, il consigliere comunale di centrosinistra Nicola Caiazzo, e un manipolo di camorristi e imprenditori collusi.

Ma che c’entra Intini – che da Bari ha cercato la scalata in Finmeccanica grazie a Giampy e ai compagni di sinistra e che affiora un po’ ovunque nelle recenti inchieste che hanno toccato il partito democratico (su tutte vedi il caso Penati a Sesto San Giovanni) con i «tagliagole» eredi del boss Sandokan Schiavone? Tutto ruota attorno a un appalto sospetto da «14/15 milioni di euro» per la riqualificazione del fiume Volturno, nel Comune di Cancello e Arnone, di cui parla in due interrogatori anche il pentito Emilio Di Caterino. Attorno al business si danno un gran da fare sia i boss del clan Bidognetti che, osservano i carabinieri, «avrebbero percepito la propria “quota” sull’appalto» sia il sottobosco politico casertano e, in particolare, tale Achille Natalizio che viene intercettato con l’imprenditore Giovanni Malinconico, anche lui finito in manette perché ritenuto vicino al superboss Antonio Iovine e che risulterà alla fine aggiudicatario dei lavori insieme a Intini (che non risulta indagato). In uno dei colloqui intercettati, peraltro, Natalizio confida all’amico che «avrebbe pranzato con Cozzolino (pupillo di Antonio Bassolino ed ex assessore regionale alle Attività produttive, non indagato) per stabilire “delle scelte politiche”».

«L’interessamento di Achille Natalizio nella vicenda – si legge in un’informativa recepita dai magistrati - coinvolto proprio da Malinconico per l’approvazione del progetto si desume sia dai suoi stretti rapporti con l’imprenditore sia dal suo legame con Enrico Intini. Quest’ultimo infatti è presidente del Gruppo Intini con sede a Noci, Bari, di cui fanno parte la società “Uniland”, aggiudicataria dell’appalto, e la “Sma Campania spa” (Natalizio è presidente) costituita dalla “Sma spa” e dalla Regione Campania».

Ma è nel secondo ordine d’arresto a carico di Fabozzi e Malinconico che gli inquirenti sono più espliciti: «Si è poi rafforzata, anche a seguito degli interrogatori, la concorrente e complementare pista politica di alterazione della gara d’appalto, in quanto sono emersi in maniera ancora più evidente i rapporti di Giovanni Malinconico con Enrico Intini in alcune sue imprese ed in particolare in quelle che hanno vinto l’appalto di Cancello ed Arnone (Fiume Volturno spa), appalto finanziato dalla Regione Campania nell’ambito di un più vasto piano di bonifica. Sia Malinconico che Intini, poi, sono in rapporto di antica frequentazione e militanza politica con Achille Natalizio ed Enrico Fabozzi, uomini politici del medesimo schieramento politico, anzi della medesima cordata Dagli atti allegati alla presente richiesta emerge un palese ed evidente intreccio tra politica, imprenditoria e camorra. In realtà è la stessa camorra che si fa impresa per gestire gli appalti miliardari con l’ausilio di politici corrotti e collusi con la criminalità organizzata».

L’idea della Procura è che tra Fabozzi e l’ala «imprenditoriale» del clan dei Casalesi sia stato siglato un patto per «l’assegnazione di appalti e commesse ad imprese di gradimento del clan in cambio di sostegno elettorale». Sostegno concretizzato con la presenza dei camorristi ai seggi per invitare tutti a votare Pd. Non una camorra stracciona, ma una holding criminale «che risponde appieno al modello di associazione mafiosa classica» e che «ha mostrato di perseguire se non il controllo esclusivo, quanto meno uno stabile rapporto di influenza con il potere politico locale», manifestando «di aver sempre intessuto rapporti di collaborazione stabile con esponenti politici, spesso prescelti dal medesimo clan e sostenuti nelle competizioni elettorali proprio allo scopo di strumentalizzarne, in un momento successivo, l’apporto all’interno delle istituzioni». Fin dagli anni Ottanta, quando «il controllo della organizzazione camorristica sugli Enti locali fu tale da manipolare il consenso elettorale, imporre propri uomini per le cariche elettive, condizionare la diretta gestione degli Enti per impossessarsi dei flussi di spesa pubblica».

Di Fabozzi, il pentito Carmine Schiavone aveva parlato già nel lontano 1993, a proposito della spartizione tra Dc e Pci della maggioranza di governo a Villa Literno. Su tutto questo lo scrittore Roberto Saviano si è mostrato distratto, impegnato com’è a vedere la camorra ovunque, tranne nei comuni campani a guida Pd.

(ha collaborato Simone Di Meo)

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