Nella prevenzione gli italiani agli ultimi posti

Gianni Clerici

Gli italiani considerano il proprio stato di salute una priorità, ma non amano combattere con la prevenzione la malattia. Con una quota dello 0,6 della spesa sanitaria, il nostro paese è all'ultimo posto nella graduatoria dei fondi destinati alla prevenzione, alle spalle di Olanda, Germania e Francia, ma anche di Turchia, Messico e Corea. Mediamente i paesi aderenti all'Ocse investono il 2,9% della spesa sanitaria. La Francia è nelle posizioni arretrate, ma i suoi investimenti sono quattro volte quelli italiani. Il Canada è al primo posto: investe in prevenzione il 2,5% dell spesa complessiva. I rappresentanti di alcune tra le più importanti associazioni dei pazienti, coinvolti nel progetto Meridiano Sanità, hanno rilevato una forte necessità di investimenti. Il Servizio sanitario italiano è tra i migliori del mondo, offre le più ampie garanzie al paziente in termini di diagnostica e di terapie sofisticate, ma incide ben poco sul piano della prevenzione. Tutta l'organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale va ridisegnata intorno al cittadino.
Individuare proposte adeguate per dare concreta attuazione al principio della centralità dei pazienti è il compito intorno al quale hanno lavorato rappresentanti di associazioni di cittadini e pazienti coinvolti nel tavolo tecnico «Una sanità al Servizio dei cittadini», uno dei sette forum di discussione e proposta istituito nell'ambito di Meridiano Sanità, il progetto promosso da Ambrosetti che verrà presentato in ottobre a Cernobbio per proporre un nuovo modello di Sanità.
Stefano Inglese, del Tribunale dei diritti del malato-cittadinanzattiva, portavoce del Tavolo di Meridiano Sanità «Una Sanità al servizio dei cittadini», Mariadelaide Franchi, presidente dell'Associazione italiana pazienti broncopneumopatia cronica ostruttiva, Raffaele Goretti, presidente della Federazione associazioni italiane para-tetraplegici, Antonio Papaleo, vice presidente nazionale della Federazione associazione nazionale diabetici, Franca Pellini, presidente dell'Associazione nazionale emodializzati, Patrizia Spadin, presidente dell'Associazione italiana malattia di Alzheimer e Gianni Spinella, presidente dell'Associazione di volontariato per la lotta alle malattie cardiovascolari, hanno illustrato le loro proposte a Roma, nel corso di un nuovo appuntamento di presentazione di proposte su aspetti specifici della sanità italiana.
«Centralità significa in primo luogo che il cittadino ha diritto ad accedere a un sistema socio-sanitario fondato e organizzato sui suoi bisogni, che promuova e tuteli la sua salute secondo i principi di equità, universalità e solidarietà», afferma Stefano Inglese. «Ciò comporta una diversa organizzazione della medicina sul territorio, che deve essere collegata con l'assistenza ospedaliera».
«Serve soprattutto una forte integrazione», afferma Patrizia Spadin. «Oggi il paziente, al di fuori dell'ospedale, non ha punti di riferimento né percorsi ben delineati, quando si tratta di far fronte ai bisogni di assistenza legati alla cronicità, alla non autosufficienza, ai problemi delle persone».


Da cosa si deve partire, a giudizio dei rappresentanti dei pazienti? La riorganizzazione dell'assistenza non può che procedere dalla razionalizzazione della rete ospedaliera, sulla base di un modello che tenga conto delle reali esigenze e condizioni dei pazienti e delle loro famiglie, secondo Mariadelaide Franchi. I pazienti cronici con patologie gravi hanno bisogno di una vera rete di assistenza, e non di servizi scollegati tra loro.

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