Loredana Gelli
Nella verde valle di Jenne per gustare i piatti della tradizione e festeggiare SantAntonio Abate detto «favaro» (per lusanza di distribuire, in questa occasione, le fave ammorbidite in acqua fredda e condite con un pizzico di sale).
Questo è il weekend dedicato ai nostri amici animali. Jenne, piccolo centro montano posto su di uno sperone del Monte Pratiglio a circa 835 metri sul livello del mare, affonda le radici nella cultura contadina e conserva il suo patrimonio storico-culturale proprio con il mantenimento e la memoria di usi e costumi locali. Domani, sulle note intonate dalla banda cittadina, in piazza Vittorio Emanuele, cavalli, muli, pecore e altri animali abbelliti con fiocchi e nastri colorati, riceveranno accanto ai loro padroni la benedizione dal parroco sul sagrato della chiesa. Il momento religioso apre tutta una serie di gustosi appuntamenti. Nello spazio a ridosso della fontana, chiamato «stazzo», i pastori ripropongono con maestria tutti i procedimenti di lavorazione dei prodotti caserari: dalla mungitura alla trasformazione del latte nella burrosa e delicata «giuncata,» alla ricotta e al formaggio. Profumi genuini che stuzzicano lappetito e, da queste parti, non mancano piatti tipici con i quali soddisfare il palato. Per questo, per festeggiare la ricorrenza di SantAntonio Abate, Jenne organizza la sagra della polenta e del fallone preparando queste pietanze proprio come si faceva una volta. La polenta viene cotta ne «jo callaro» su grandi bracieri posti allaperto e servita nelle scifette di legno insaporita con sugo di spuntature e salsicce di maiale e cosparsa di abbondante formaggio pecorino. Il fallone è una pizza di farina di granoturco e acqua e costituiva il pane dei nonni. Per renderlo più saporito e morbido, veniva farcito di «erbe pazze» che le donne raccoglievano nei campi dopo una lunga giornata trascorsa a lavorare la terra. Tradizioni e consuetudini che vivono ancora accanto ai gesti quotidiani come la cottura del pane e dei dolci tipici nellantico forno a legna del paese risalente al 1751, lutilizzo di un antico mulino comunale, labitudine delle massaie di portare sulla testa la «scifa» e di apporre le «pizzicate», tipici segni di riconoscimento, sulla massa informe della pasta di pane prima di cuocerlo. Uno dei piatti che più risente della storia di questa popolazione e che risale ai tempi della transumanza sono gli «ndremappi», sfoglie di farina integrale di grano cotte e insaporite con un corposo sugo di aglio, prezzemolo, alici, pomodoro e pecorino locale.
Di semplice preparazione sono anche altre gustose paste come i «ciciotti» e i «nfrascati» alle quali si aggiungono genuini condimenti a base di erbe di campo. Lanno della fondazione di Jenne è «sepolto tra la caligine dei secoli» e lorigine del nome è dincerta derivazione etimologica: Genna e Geenna (forse con riferimento al clima freddo) o, Janua termine latino per indicare una porta, un ingresso nella valle. La storia di Jenne si intreccia con quella dellAbbazia di Subiaco.
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