Politica

Nelle casse piovono 10 milioni di euro

Qualcuno invece di un euro ne versa 50. Il sistema della doppia firma per creare la banca dati

Luca Telese

da Roma

Prima immagine. Roma, quartiere Pigneto. Zona popolare, a cavallo fra centro e periferia: già alle dieci del mattino una piccola coda di donne anziane si è formata davanti alla scuola del quartiere, abituale seggio elettorale. Una donna chiede a un passante: «Ahò, a’ regazzì... ma quanno cavolo aprono ’sti seggi?». Ovviamente si tratta di uno sbaglio, perché il seggio delle primarie è lì vicino, proprio dietro l’angolo, nella sede dei Ds di via Fortebraccio. Ma l’errore dà l’idea di quanto sia stata presa sul serio la consultazione delle primarie: per molti era come se fosse un voto vero. Seconda immagine. Il Cairo, ore 12: a votare si presentano due religiosi in abiti talari, addirittura un musulmano. Dubbio tra gli scrutatori: «Ma è italiano questo?». Sì, lo è. E per molti italiani all’estero (157 erano i seggi) è anche l’anteprima del voto che potranno effettuare per la prima volta alle politiche del prossimo anno. Intanto in Australia - per dire - prima di sera avevano già votato tremila persone. Terza immagine: Roma, quartiere Balduina, uno dei più neri della capitale, già alle dieci si fa una fila media di un’ora. Un signore sbuffa: «Ma tu guarda se per votare Fini mi tocca andà in una sede dei Ds! Vorrei sapere chi le ha organizzate, le sezioni!». Si girano tutti e lo guardano allibiti: «No, guardi, queste sono le primarie dell’Ulivo. Votano solo quelli di centrosinistra». Lui, seccato: «Ah bella... e me lo dite solo ora?».
Quarta immagine. Sede dell’Unione, in piazza Santi Apostoli: quando nella notte le ultime proiezioni danno la conferma che si supereranno i 3 milioni di votanti, Vannino Chiti, il capo della macchina organizzativa, mette su un sorriso che quasi non passa più per le porte. In tutti questi ultimi giorni lo sforzo dell’organizzazione e le polemiche (con annessa querela per Clemente Mastella) erano stati un peso non leggero. Ma fin dai primi dati alcune scelte strategiche che il dirigente ds ha fatto si rivelano azzeccate: ad esempio la prima, quella di stampare cinque milioni di schede, che all’inizio era stato bollato come «uno spreco di carta». Oppure quella di portare a 9.732 le sezioni elettorali, quando molti gli obiettavano: «E poi, 50mila persone per metterle in piedi dove le troviamo?». È andata così: le persone si sono trovate e le schede spesso sono andate addirittura esaurite, soprattutto nelle grandi città a Roma e a Milano (dove si è registrato un record di affluenza). In Toscana, alle sette di sera si erano superati i 300mila votanti con un dato singolarissimo e indicativo: sono andati ai seggi il doppio delle persone che avevano partecipato alle primarie (regolamentate per legge, da queste parti) per le regionali. Al call center nazionale, quello per sapere dove si vota, sono arrivate 150mila chiamate: il che vuol dire che a essere informate erano oltre 500mila persone. Sesta immagine. Roma, quartiere Esquilino, ora di pranzo: nel seggio dell’Ambra Jovinelli la coda che parte dal teatro si allunga per centinaia di metri, mettendo in scena uno spettacolo curioso e variopinto. In quel seggio votano anche gli stranieri (quelli residenti da almeno tre anni). In seggi come questo si è arrivati a quasi 2mila elettori. Le code ci sono, nelle città quasi ovunque, ma anche nei piccoli centri, la percentuale di partecipazione è spalmata sul territorio nazionale in modo quasi uniforme, ai seggi è successo quasi di tutto, persino un omicidio. Alla vigilia Alfonso Pecoraro Scanio spiegava: «Abbiamo puntato sull’organizzazione, si vince portando gente a votare». E Clemente Mastella aggiungeva: «Io non ho certo i pullman, ma le macchine le ho organizzate, si capisce». Il fatto è che quota tre milioni è un dato che fa saltare qualunque possibile pianificazione: hanno votato il doppio degli iscritti a tutti i partiti di centrosinistra.
Scena numero sette. In fila in un seggio di Roma, a via Giolitti, un signore tira fuori dal portafoglio una banconota arancione, la infila nell’urna con tono entusiastico e grida: «Ecco qui, cinquanta euro!». Caspita. Quelli nella fila, dietro di lui aprono il portafoglio e adeguano le loro offerte, per non sfigurare. Dettagli non secondari. Nelle casse dell’Unione è arrivato un flusso di denaro imponente, si stima una cifra intorno ai dieci milioni di euro, forse di più. Le spese si sono ripagate ampiamente, e restano soldi da investire: le primarie sono un affare. Ma c’è di più: nella dichiarazione di autocertificazione (quella in cui l’elettore dichiara di votare per la coalizione) è stata prevista una doppia firma. La seconda autorizza la liberatoria per il trattamento di dati.

Ovvero: tra una cosa e l’altra, l’Unione ha creato la più ampia banca dati esistente in Italia, una risorsa preziosa in vista delle elezioni.

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