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Nemmeno con l’Inter più vicina il Milan cambia idea su Kakà

È un classico: la settimana decisiva per il destino di Kakà e l’affare da 200 milioni di euro è cominciata con un paio di polpette avvelenate servite dai giornali inglesi di primo mattino. Sono servite a distrarre l’attenzione dai protagonisti, rimasti in scrupoloso silenzio, e a scaldare i motori del negoziato che può partire stasera e proseguire almeno fino a mercoledì. La prima polpetta ha attribuito ad Ariedo Braida, dg rossonero, uno che non parla quando c’è da farlo, figurarsi in questa vicenda nella quale ha un ruolo marginale, l’annuncio solenne della firma del contratto da parte del brasiliano. Fesseria sesquipedale: Gianni Brera l’avrebbe liquidata così. Il dirigente rossonero ha chiamato l’agenzia Ansa per documentare che si trattava di pura invenzione. Altra polpetta, firmata questa volta da un anonimo consulente dello sceicco Mansour bin Zayed, proprietario del City il quale ha definito «assolutamente ridicole oltre che irrealistiche» le cifre circolate in Italia sull’affare, non tanto i 108 milioni promessi al Milan quanto lo stipendio da 550mila euro a settimana messo sotto gli occhi del papà del fuoriclasse, l’ingegner Bosco. «Eh già, mi sarei fatto insultare da uno stadio intero, gratuitamente» la battuta in privato di Adriano Galliani. «Non abbiamo ancora parlato col giocatore» l’unico spezzone di verità contenuto nella dichiarazione. Kakà e suo padre non hanno mai visto in faccia nessun emissario dello sceicco. Piuttosto è l’ultima cifra gonfiata ad arte dai media a risultare lontana da quella autentica (16 milioni di euro netti a stagione per 5 anni) formulata per il futuro inglese di Kakà. Evidente l’imbarazzo del City nel frattempo a caccia di altre pedine per il calcio-mercato di riparazione (De Jong e Bellamy i nomi circolati, sai che goduria) dovuto in parte alle polemiche sul fronte interno e suggerite dalla preoccupazione, fondata, di sbattere contro un possibile rifiuto dell’interessato.
Kakà ha mantenuto l’impegno preso con Galliani venerdì sera a poche ore dalla Fiorentina: neanche un sospiro in più dopo l’intervento pronunciato dinanzi alle telecamere Mediaset quando confessò di essere pronto «a invecchiare col Milan e a diventarne capitano». Atteso e braccato ieri pomeriggio al teatro Armani di via Bergognone, ha disdetto l’impegno con lo stilista. Per lui han parlato alcune immagini televisive riprese sabato notte all’uscita dallo stadio di San Siro: sua moglie alla guida della berlina tedesca, lui circondato dal popolo in amore, c’è chi giura di averlo visto in lacrime. Di sicuro ha dato appuntamento ad Ancelotti e agli altri milanisti a Milanello per martedì pomeriggio: il giorno dopo è atteso ad Hannover per una delle tre amichevoli organizzate grazie all’arrivo di Beckham (valore 300 mila euro con la squadra costretta a giocare a una temperatura polare, previsti meno 6, altro segno della recessione). Non ha la valigia chiusa, insomma. Non solo ma i suggerimenti si sono sprecati. Quelli privati («sei un pazzo se vai al City» della squadra in coro) e quelli pubblici. Ha cominciato Beckham («a Manchester conta solo lo United») che da quelle parti ha vissuto per molti anni, ha chiuso il cerchio Ronaldo in Brasile («Kakà è una persona con la testa sulle spalle, io ho fatto molto più casino per molto meno»).
L’intreccio Kakà-Milan-Manchester City si può cominciare a sciogliere con lo sbarco dell’ingegner Bosco, papà e agente del campione brasiliano, alle prese, sostengono alcune fonti brasiliane, con un investimento immobiliare in patria risultato improvvido. Galliani ha il dovere di presentargli il seguente scenario: 1) il Milan ha ricevuto una proposta che non può rifiutare (esigenze di bilancio, di Milan, e a seguire dell’azionista Fininvest); 2) i tanti soldi, per il club e per il calciatore, possono aiutare entrambi a garantirsi il futuro; 3) nel caso di rifiuto del City, non arriverà alcun “ritocco” allo stipendio, già aumentato 4 volte in sei anni di attività e arrivato a quota 9.5 milioni netti a stagione valido fino all’estate del 2013. Fondamentale, per la famiglia Kakà, sarà capire i progetti del club, ieri difeso da Galliani («chi ha portato il Milan da un’aula di tribunale sul tetto del mondo merita rispetto e amore da parte dei tifosi»).

Nemmeno la riapertura della sfida scudetto sembra aprire uno spiraglio diverso dall’intesa con lo sceicco.

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