Neppure il prete buono sopporta più gli zingari

Neppure il prete buono sopporta più gli zingari

(...) Le parole scelte dal parroco sono precise, senza trppe delicatezze. «Stiano lontano dalla mia gente, soprattutto dagli anziani e dai bambini. Fino a quando non impareranno quel valore che non conosce confini di nazionalità, religione e tempo: il rispetto per la persona», è l’imperativo del sacerdote che pensa principalmente alla sicurezza nel quartiere. La carità, la comprensione, il precetto evangelico non sono cose da mettere da parte. E allora don Valentino preferisce prendersi tutto sulle spalle, ma tener fuori dai problemi i suoi parrocchiani, i suoi concittadini: «Questi fratelli zingari, che fino a poco tempo fa hanno sempre trovato la porta aperta e un aiuto - scrive il prete - andrò io a trovarli dove vivono per portar loro l’aiuto di cui hanno bisogno. Personalmente non mi stancherò di gettare ponti tra loro e chi, a torto o a ragione, li sente così diversi». «Ho sempre aiutato tutti e continuerò a farlo, senza distinzione di nazionalità, religione e condizione sociale», ma appunto, vadano da qualche altra parte. Anche perché non si può negare che siano un problema. Soprattutto per gli anziani. Il don nella lettera cita «ripetuti fatti, accaduti nelle scorse settimane, di aggressività e prepotente violenza di alcuni zingari maggiorenni e minorenni». E se ora chi sente «così diversi» gli zingari può davvero aver ragione e non solo torto è perché lo stesso sacerdote è stato costretto a cambiare atteggiamento a causa del proporsi sempre più aggressivo e intimidatorio degli zingari: «rapine effettuate da minorenni, aggressività nei confronti di anziani, atteggiamenti di sfida che hanno sfiorato l’aggressione fisica al sottoscritto». «Finchè sono entrati per chiedere aiuto - scrive don Porcile - hanno sempre trovato la porta e il cuore aperti. Se entrano per servirsi da soli, cerchiamo di “difenderci” come possibile. Ora sono anche aggressivi, e questo è insostenibile ed inaccettabile».
L’autodifesa, quell’atteggiamento umano e logico che veniva sempre bollato come la voglia di sentirsi tutti sceriffi, ora è diventato la scelta obbligata di chi ha provato l’impossibile per capire e aiutare. Tanto che anche la sindaco Marta Vincenzi, che di fronte a don Valentino non può usare le solite armi di denigrazione di massa, è costretta ad accettare la realtà.

Non ha ancora letto la lettera ma intende incontrare il parroco al più presto: «Desidero parlargli di persona al più presto, nei prossimi giorni - dichiara - siamo di fronte a un problema reale, posto da un sacerdote che è uno dei più aperti e impegnati nell’integrazione, non si tratta dello sfogo di un cittadino esasperato. Dobbiamo stringerci tutti intorno a don Valentino». Perché, se fosse stato «solo» un cittadino esasperato non sarebbe stato valido?

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica