
«Farne la cosa migliore possibile, perché nessun milanese possa dire di non essere mai stato alla Scala». È questo l'ambizioso programma del neo sovrintende Fortunato Ortombina, accompagnato ieri dal responsabile della Comunicazione Paolo Besana al Principe di Savoia per il premio che gli hanno assegnato gli «Amici della lirica» di Daniela Javarone (con Ortombina nella foto). «Per noi - le parole della presidente - la Scala è come una seconda casa». Con lui che ricambia, raccontando della sua felicità di essere arrivato a Milano dopo un percorso partito da Mantova, sua città natale e proseguito per Parma, Torino e Venezia dove ha timonato, anche in tempi piuttosto complicati, La Fenice. «La mia passione per la musica - ha raccontato - mi ha portato ad accumulare alcune competenze di cui qualcuno ha evidentemente avuto bisogno. E Milano è il compimento di questo mio lungo cammino». Plaude a un «sovrintendente finalmente italiano» Alfonso Signorini e a «un musicista che fa il sovrintendente». Rivelando che Ortombina ha perfino cantato in un coro a Busseto quando nel cast c'era addirittura Renato Bruson, dedicandosi poi allo studio del trombone. Lo strumento e non certo l'attitudine, come ha rivelato anche ieri prestandosi a una squisita convivialità. «L'Italia - si è lasciato andare - è un Paese meraviglioso e, mi scusino gli insegnanti di italiano, la musica è la vera letteratura nazionale». Applauso. «Non Manzoni, ma Verdi e Puccini perché l'opera nasce miracolosamente in Italia alla fine del Rinascimento e da quel momento tedeschi, francesi e russi devono comunque avere a che fare con noi».
Inevitabile l'accenno malizioso a una Prima di Sant'Ambrogio con «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk» di Dmitrij Sostakovic, un
lavoro davvero poco conosciuto. Sicura la risposta. «Un'opera molto interessante, fidatevi di me. Ne riparliamo dopo che l'avrete vista». Con ben chiaro che nel 2026 della Scala andranno celebrati adeguatamente i 250 anni.