Adalberto Signore
da Roma
Dai contatti informali tra le due diplomazie che lavorano ormai senza sosta da martedì mattina si è passati a qualche timida apertura. Prima con Massimo DAlema, che intervistato dal Corriere della Sera invita il premier «ad abbassare i toni» per cercare sul Quirinale «il massimo di convergenze possibile». Poi con Silvio Berlusconi, che prende carta e penna, e scrive una lunga lettera al quotidiano di via Solferino proponendo di «ragionare insieme a soluzioni nuove» e ipotizzando «unintesa parziale, limitata nel tempo, per affrontare le immediate scadenze istituzionali, economiche e internazionali del Paese». E infine con Romano Prodi, costretto a riprendere in seconda battuta il filo di un dialogo che rischia di lasciarlo in panchina ancor prima di mettere piede a Palazzo Chigi.
Lo stallo. È una vera e propria partita a scacchi quella che sta andando in scena in queste ore nella politica italiana. Con i due principali protagonisti, DAlema da una parte e Berlusconi dallaltra, consci che una mediazione potrebbe essere inevitabile. Ma con obiettivi ancora non del tutto definiti (di certo il Quirinale, ma tutto sta a capire in che termini) e molte, troppe variabili. Così, letta con attenzione lannunciata intervista del presidente dei Ds, a Palazzo Grazioli si discute a lungo sulleventualità di una risposta. Alla fine passa la linea sostenuta dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e Berlusconi prende carta e penna. E come nella più classica partita a scacchi evoca «lo stallo». Perché, dice il premier, «comunque si concludano i conteggi ufficiali del risultato elettorale e chiunque si veda attribuire il consistente premio di maggioranza alla Camera, le cose non cambiano: almeno sulla base del voto popolare non ci sono né vincitori né vinti». Il «senso di responsabilità», quindi, «impone una riflessione». Che chiama in causa direttamente il leader dellUnione: «Non è responsabile, come sta facendo Prodi dalla notte di lunedì, cercare testardamente una prova di forza. Occorrerebbe, al contrario, ragionare insieme intorno a soluzioni nuove».
La «Grosse Koalition». Ed è a questo punto che il Cavaliere rilancia lidea di una Grande coalizione alla tedesca: «Unintesa parziale, limitata nel tempo, per affrontare le immediate scadenze istituzionali, economiche ed internazionali del Paese non dovrebbe essere esclusa per principio». E avverte: «Nel caso in cui invece prevalesse una linea estremista è evidente che Forza Italia e i suoi alleati condurranno una coerente e rigorosa battaglia in difesa dei valori e degli interessi che ci sono stati affidati dal 50 per cento degli elettori».
Il Quirinale. Ma la partita che si sta giocando in queste ore va ben al di là di quello che DAlema definisce «lirricevibile» proposta del «governissimo». E punta dritta sul Quirinale. È ovvio, infatti, che Berlusconi stia cercando di ritagliarsi un ruolo decisivo nella nomina del prossimo capo dello Stato nella quale il voto della Casa delle libertà (vista anche lincognita dello scrutino segreto) potrebbe risultare decisivo. Ma al di là delle ipotesi sul tavolo (i nomi di Letta e di Giuseppe Pisanu già circolano da 48 ore) il Cavaliere punta ad aprire un tavolo complessivo. Che parta dal futuro governo e vada a finire al Colle, dandogli così la possibilità di sparigliare in corso dopera.
Il rilancio. È anche per questo che, solo poche ore dopo aver buttato giù la lettera al Corriere della Sera e dopo aver assistito con una certa soddisfazione al derby milanese, da San Siro Berlusconi torna sul riconteggio dello schede. E rilancia. Quelli che si hanno finora, dice ai microfoni di Sky, non sono risultati ma solo «numeri provvisori» in attesa dellesito delle verifiche. «Io - aggiunge - sarei pronto a diventare ancora presidente del Consiglio. E sto aspettando col cuore sospeso, come metà dellItalia, e anche laltra metà, che vengano fuori questi benedetti risultati». Concetto che sintetizza con una citazione latina: «Dum spiro spero, finché respiro ho speranza». E ancora: «Non ho fatto alcun annuncio eversivo. Ho detto solo e dico che non possono governare contro il 50% degli italiani». Comunque, aggiunge, «loro non hanno ancora vinto» e al di là del risultato finale «siamo noi i vincitori morali». Il premier torna per un attimo sul primo dei due confronti televisivi con Prodi. E ammette: «È stata la prima volta che la tv mi ha dato tensione, colpa della ristrettezza dei tempi». Poi, di nuovo sul riconteggio delle schede.
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