I viaggiatori che laltro ieri si sono trovati allaeroporto di Newark, città del New Jersey prossima a New York, hanno provato per sei ore la non invidiabile ebbrezza di partire da quel buco nero del pianeta (aeronauticamente parlando) che si chiama Fiumicino. Il caos, il marasma totale. Voli cancellati, altri posposti, e masse umane costrette a passare e ripassare per due volte attraverso i varchi della sicurezza. Infine il bivacco, tra fagotti e valigie, chi leggendo un libro o un giornale, chi telefonando ad amici, parenti e clienti lontani, chi inveendo e guardando con ansia e arrabbiatura crescente i tabelloni luminosi. Irrimediabilmente bloccati. E tutto questo per un solo uomo. È bastato infatti che un tipo entrasse nellarea dimbarco passando dal varco di uscita del check in, invece che da quello canonico - e cioè facendo una sorta di inspiegabile avanti e indietro, come accade a qualcuno che abbia dimenticato qualcosa - per far andare in tilt tutte le procedure di sicurezza. Di qui una spaventosa reazione a catena che ha sconvolto lordinato fluire di una giornata (ma è così dal giorno di Natale, dal fallito attentato sul volo dallEuropa a Detroit) già pesantemente influenzata dalla sindrome della paura.
Chi era il personaggio misterioso? Un terrorista? Un malintenzionato generico? Un buffone? Un cronista di belle speranze deciso a mettere in ridicolo le misure di sicurezza dellaeroporto per vedere (e poi descrivere) leffetto che fa? Il caos si è sviluppato in un vittorioso crescendo al terminal C, area in cui opera in particolare la linea aerea Continental, costringendo il personale addetto a rifare da capo le operazioni di controllo sottoponendovi anche chi aveva già sudato le classiche sette camicie per passare «dallaltra parte». Una specie di pettine fitto in cui si contava di vedere impigliato il disgraziato che aveva fatto impazzire la macchina. E invece, niente. Il personaggio misterioso tale è rimasto, costringendo infine i controllori a gettare la spugna e a ripristinare il traffico. Per ore gli specialisti delle agenzie che hanno in appalto la sicurezza negli aeroporti hanno esaminato i video delle telecamere a circuito chiuso. Anche solo per vedere se «mr. Houdini» era andato avanti e indietro dopo un primo controllo o se aveva saltato (ma come, senza essere visto anche dagli altri passeggeri in transito?) tutte le barriere.
Tutto sarebbe stato più semplice se i controllori non avessero deciso (per evitare il panico, verosimilmente) di non dare alcuna informazione su ciò che stava accadendo. Così, senza uno straccio di spiegazione, a un tratto i controlli ai varchi sono stati interrotti, e solo dopo unora di inevasi interrogativi un agente della Tsa, la Transportation Security Administration, ha annunciato a migliaia di passeggeri furibondi che per una non meglio specificata violazione delle norme sui controlli, il terminal doveva essere evacuato. Figuratevi!
Tra le centinaia di voli bloccati, anche quello in programma per Malpensa (cera lex calciatore della Juve Pessotto, a bordo). Alcuni passeggeri erano già stati imbarcati e sono stati fatti scendere. Altri, atterrati regolarmente da aeroplani provenienti dai quattro angoli del pianeta, sono stati trattenuti a bordo (e non cè peggio, anche per chi non soffre di claustrofobia). «Vietato fotografare», intimava periodicamente una stolida voce che cadeva dagli altoparlanti. Aumentando così la sensazione di catastrofe imminente, o di tragedia già avvenuta (ma dove?) e insomma innalzando una tensione che era già altissima di suo.
Un applauso liberatorio ha infine salutato la riapertura dei varchi. Erano le 22, le 4 del mattino in Italia. Tutto finito? Macché. Il peggio doveva ancora venire; perché ci sono volute altre ore di calvario prima di poter partire, schiacciati come sgombri in una scatola di latta prima di arrivare alle forche caudine dei controlli.
Tutto questo a Newark, primo aeroporto commerciale costruito nel 1928 negli Stati Uniti, uno dei più sicuri e moderni scali del mondo.
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