New York«A name but affordable» dice di sé Tommy Hilfiger accogliendoci nella torretta del suo stupefacente appartamento di New York: due piani affacciati su Central Park nel cuore dell’hotel Plaza. Essere quel che lui stesso definisce «una firma accessibile» l’ha portato a costruire un piccolo impero con oltre mille negozi nel mondo che vendono senza fatica un’immagine tipicamente americana ovvero lo stile «preppie» adottato nelle preparatory school che portano ad Harvard e nelle altre prestigiose università degli Stati Uniti. «Stavolta l’ho reso un po’ più interessante» avverte lo stilista che ha fatto sfilare una bella collezione femminile ispirata a donne come Marianne Faithfull, Britt Ekland e Patti Hansen: muse, amanti e mogli dei grandi mascalzoni del rock tipo Mick Jagger, Rod Stewart e Keith Richards.
Tradotto in moda tutto questo significa magnifiche gonne a portafoglio in cavallino burgundy o verde smeraldo con profondi spacchi laterali, perfetti montgomery in panno oppure crosta, mocassini in tutte le salse, grossi pullover grigi o blu, il cappello a larghe tese in testa e molto educato sex appeal. Tory Burch, tipica signora dell’Upper East Side con un passato da Ralph Lauren e molto stile per conto suo, s’ispira sostanzialmente alla stessa cosa: quella solida e perfetta eleganza di matrice inglese tradotta nello sbrigativo linguaggio estetico degli americani. Nel suo caso stavolta si parla di country chic, ma siamo sempre lì: uno sguardo al Paese Madre e uno di riguardo agli States produce ogni volta la piccola magia della praticità senza sbavature. «Dress up but not overdressed» dicono infatti da queste parti, ovvero «Ben vestita ma non troppo».
Ecco quindi perché quando Custo Barcelona definisce la sua collezione del prossimo inverno «pulita ma non troppo» nessuno si stupisce nel vedere in passerella un’orgia di frange, placche metalliche, applicazioni tridimensionali in ecopelle, lurex, paillette e colori. Eppure da questa specie di follia creativa l’irresistibile stilista catalano riesce a ottenere una serie di pezzi che tutti insieme sono troppo, ma singolarmente hanno un loro perché. Non si può certo dire altrettanto della seconda collezione che Diane Von Furstemberg disegna in tandem con Yvan Mispelaere, uno dei tanti designer francesi convinti di poter cavalcare senza problemi una tigre chiamata Yves Saint Laurent. Così mentre Diane parla di donne viaggiatrici e pioniere che affrontano i loro limiti con forza e determinazione, in passerella si vede un poco convincente remake dello stile gaucho fatto a suo tempo da monsieur Yves. Di sicuro se questa tornata di sfilate americane entrerà nelle leggende della moda il merito è di un marchio francese come Moncler riportato a nuova vita da un imprenditore italiano, Remo Ruffini. Per presentare la seconda collezione della linea Grenoble dedicata all’abbigliamento tecnico da montagna portabile anche in città, è stato organizzato un incredibile «flash mob», ovvero quegli eventi di gruppo che si fanno all’improvviso tra la folla.
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