«Niente stop, deve prevalere l’interesse dello Stato»

da Roma

Professor Achille Chiappetti, che succede dopo la decisione del Consiglio di Stato sulla Dc?
«L’ordinanza non concerne l'indizione delle elezioni e non impone il loro rinvio. Essa comporta solo che il simbolo della Dc può partecipare, ma nelle condizioni reali di oggi. La circostanza che la sua tardiva ammissione non garantisce una piena partecipazione a una campagna elettorale ormai già avanzata, fa sorgere un problema del tutto autonomo che poco ha a che fare con l'ordinanza del Consiglio di Stato. D'altronde, non si tratta neppure di una sentenza».
E neppure definitiva. E ciò ha rilevanza?
«Appunto. Trattandosi di valutazione squisitamente politica, il fatto che non si tratti di sentenza definitiva ha un gran peso per escludere che essa possa motivare la grave decisione del rinvio. C’è poi un elemento che taglia la testa al toro: l’articolo 61 della Costituzione impone che le elezioni avvengano al più tardi entro 70 giorni dallo scioglimento delle Camere, ossia entro il 16 aprile. E l’interesse supremo dello Stato a che il Parlamento venga al più presto reinsediato prevale nettamente su quello della partecipazione di tutti coloro che, come Pizza, ne hanno il diritto».
Ora chi decide? Per Cossiga tocca al Quirinale.
«Napolitano può solo firmare un provvedimento del governo, che appare del tutto improbabile».
E il precedente delle comunali di Messina, annullate nel 2005 per l’esclusione della lista De Michelis, non impone di includere nelle schede il nuovo simbolo?
«Per le comunali non c’è il termine costituzionale di 70 giorni fissato per le elezioni nazionali.

Il simbolo della Dc potrà essere inserito se si fa a tempo, altrimenti amen».
Il Viminale ricorre in Cassazione: perché?
«Poiché Pizza potrebbe chiedere i danni se vincesse il ricorso, il Viminale tenta di parare questa eventualità».

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