Il Niger: l’Italia non fa nulla per i turisti rapiti

Marta Ottaviani

Mentre ieri, in Nigeria, si è diffusa la buona notizia della liberazione di Mario Pavesi, tecnico della Saipem rapito la settimana scorsa, in Niger la situazione si è complicata. È ormai un giallo il rapimento di Claudio Chiodi e Ivano De Capitani, i due turisti italiani sequestrati nel Paese lo scorso 21 agosto, dopo che ieri la Farnesina ha smentito la notizia della loro liberazione.
La fine dell’incubo sembrava ormai cosa certa anche per loro, che erano ormai dati per liberi e in viaggio per la Tunisia. Voci smentite dal ministero degli Esteri e dalle stesse famiglie dei due turisti sequestrati.
Ma adesso le cose si complicano. E su più fronti. Il governo nigerino ieri sera ha fatto sapere che si «disimpegnerà totalmente» dalla trattativa per la liberazione dei due turisti italiani ancora nelle mani dei rapitori lamentando «assenza di cooperazione» da parte delle autorità italiane. «Noi ci disimpegniamo totalmente da questa vicenda - ha dichiarato il portavoce dell’esecutivo Mohamed Ben Omar -. «Siamo rimasti sbalorditi e scandalizzati per la manipolazione degli ostaggi, fatta dalle autorità italiane» ha dichiarato, con un evidente tono contrariato.
E poi è subentrato anche un secondo particolare, destinato a intorbidire ulteriormente le acque: i turisti, infatti, avevano sui loro passaporti visti falsi. «Siamo legittimamente sbigottiti - ha aggiunto Ben Omar - per la natura e il carattere sospetto dell'escursione degli italiani». I visti in questione sarebbero falsi perché recherebbero numeri già assegnati e riportano firme e timbri non originali. Secondo il portavoce, inoltre, «nessun visto è stato rilasciato dall'ambasciata del Niger a Roma».
Pensare che proprio ieri pomeriggio Giovanni Davoli, inviato della Farnesina in Niger, aveva dipinto la situazione in toni decisamente più rosei. Aveva detto che i tentativi di arrivare al rilascio di Claudio Chiodi e Ivano De Capitani erano falliti a causa delle «difficoltà logistiche», costituite dalle caratteristiche del territorio, una zona desertica e difficilmente accessibile. Non solo. Davoli aveva anche voluto smentire le voci di contrasti con il governo nigerino. L’inviato si era detto «fiducioso» sulla possibilità di una liberazione in tempi brevi degli ostaggi. Eventualità che adesso sembra più remota, nonostante il ministero degli Esteri abbia fatto sapere di aver parlato al telefono con i due italiani.
Chiodi e De Capitani sono ostaggio delle Forze armate rivoluzionarie del Sahara (Fars), un gruppo ribelle che dagli anni 90 opera tradizionalmente al confine con la Libia e che ha come obiettivo della sua lotta una maggiore autonomia dal governo di Niamey. Le Fars avevano rapito altri 18 turisti, che erano stati rilasciati il giorno dopo. «Vogliamo negoziare e poi li consegneremo», aveva detto ieri un membro delle Fars alla radio francese RFI.
Ma adesso, con la decisione del governo nigerino di abbandonare le trattative, la loro situazione è ancora meno chiara di prima. Anche perché, secondo l’esecutivo di Niamey, i veri autori del sequestro sarebbero un gruppo di banditi e non di ribelli. Ennesimo colpo di scena in una vicenda che risulta sempre meno chiara.
Chi può già festeggiare la ritrovata libertà è Mario Pavesi. Il contractor italiano della Saipem, società dell’Eni, era stato rapito da militanti del Delta del Niger.

La notizia della sua liberazione, per cui non è stato pagato alcun riscatto, annunciata sin dalla mattinata, è stata poi data nel pomeriggio. Pavesi forse rientrerà in Italia già oggi. Almeno per lui l’incubo è davvero finito.

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