The Niro, rivelazione italiana che canta in inglese

Avercene, di musicisti come The Niro. D’accordo il nome d’arte è fuorviante: lui in realtà si chiama Davide Combusti, è italianissimo di Roma, e oggi alle 18 sarà alla Fnac di via Torino per cantare tre o quattro pezzi lui da solo, giusto chitarra e voce. Secondo molti critici, è il miglior cantautore italiano della nuovissima generazione, quella sganciata dai cliché strettamente cantautorali e più aperta alle influenze inglesi. Perciò si chiama The Niro, visto che, come spiega, «suonavo rock inglese e avevo formato un gruppo con quel nome lì, poi gli altri musicisti se ne sono andati e io ho deciso di continuare da solo senza cambiare nulla».
D’altronde Davide Combusti, che ha 30 anni, è un figlio d’arte e dal padre batterista ha preso la voglia di andare avanti a testa bassa anche se all’inizio i risultati non erano da feste e brindisi. Tutt’altro. «Lui suonava nei Centauri, band che negli anni 60 e 70 ha accompagnato dal vivo Orietta Berti ed Edoardo Vianello. Ma poi ha appeso le bacchette al chiodo e ha iniziato a fare l’operaio». Ora in famiglia è Davide a fare il professionista della musica ed eccolo qui. A gennaio ha pubblicato un mini cd con quattro brani e ad aprile è uscito il suo primo cd omonimo, che viaggia bene in classifica. La sua svolta è stato il concerto dei Deep Purple nel 2006. «Solo la sera prima mi hanno invitato a fare da supporto a questa storica band. Io non mi sono tirato indietro ma dentro di me pensavo: “e io che c’entro con il rock duro?”, Quando sono salito sul palco davanti a tutti quei metallari, solo io con la mia chitarra esattamente come farò alla Fnac, mi sono detto: “hai voluto la bicicletta, adesso pedala”». Risultato: molti fischi ma anche applausi sorprendenti: «All’inizio tutti mi contestavano, poi hanno cambiato idea. Quel concerto - dice ora The Niro - mi ha aperto le porte di tutti i club romani». La testardaggine paga.
E ora The Niro è il cocco della critica musicale italiana grazie a uno stile che mescola la canzone d’autore con tracce lo-fi e folk in una soluzione personalissima e godibile. «Non pensavo di poter avere un mercato in Italia, io. Ho sempre avuto come obiettivo i Paesi anglosassoni».

E sarà per questo che lui ha suonato anche a Londra (con Carmen Consoli) e pure negli Stati Uniti - prima Boston e poi New York - ricevendo ovunque la sua bella dose di applausi. «Ho sempre voglia di osare», butta lì con un sorriso. E poi riassume: «Vivo per la musica, il mio coraggio viene dalla voglia di sperimentare nuovi suoni». Avercene, insomma, di artisti così.

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