«No all’accanimento ma si deve rianimare»

«Se il feto nasce vivo dopo un aborto terapeutico - spiega Claudio Fabris, ex presidente della Società italiana di neonatologia - allora bisogna fare tutto il necessario per rianimarlo. Se si vede che ciò si traduce in un accanimento terapeutico con danni al bambino, allora bisogna assicurargli le cure compassionevoli». Tra la 22ª e la 24ª settimana c’è la fase più critica, in cui il feto ha «delle possibilità di sopravvivenza, seppur molto labili».
«Per questo - spiega Fabris - la raccomandazione è di praticare l’aborto terapeutico entro la 22ª settimana». I dati della Società italiana di neonatologia confermano la criticità di questo periodo. Se nel 2005 i bimbi nati naturalmente alla 22ª settimana erano cinque, con nessun sopravvissuto, nel 2006 erano dieci, con una sopravvivenza del 10%; nel 2007 sono stati 13 con nessun sopravvissuto e nel 2008 sono diventati 41 (sopravvivenza del 12%). Dalla 24ª settimana le possibilità di sopravvivenza sono del 30% e crescono progressivamente.


Il ministero della Salute ha annunciato che invierà i suoi ispettori all’ospedale di Rossano Calabro per accertare che cosa sia effettivamente accaduto, e verificare se sia stata rispettata la legge 194. Lo annuncia il sottosegretario Eugenia Roccella, che aggiunge: «Se le notizie dovessero corrispondere al vero si tratterebbe di un gravissimo caso di abbandono terapeutico di un neonato fortemente prematuro».

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