Il no della Consulta alla legge Pecorella: «Penalizzava il Pm»

Roma. La legge Pecorella è incostituzionale perché viola il principio della parità delle parti nel processo, sancito dall'articolo 111, ed «eccede il limite di tollerabilità costituzionale» perché «non sorretta da una "ratio" adeguata in rapporto al carattere radicale, generale e "unilaterale" della menomazione» del potere del pm. È questo il motivo per il quale la Corte costituzionale il 24 gennaio scorso ha «bocciato» il cuore della legge che ha vietato il potere di appello al pubblico ministero nel caso di proscioglimento dell'imputato. La sentenza depositata ieri mattina è stata redatta dal vicepresidente della Consulta Giovanni Maria Flick. I giudici costituzionali hanno accolto alcuni dei dubbi di legittimità della «Pecorella» che erano stati sollevati dalle Corti di appello di Roma e Milano.

Soddisfatto Nello Rossi (Anm) che parla di «messaggio equilibrato e condivisibile» mentre il leader della Cdl, Silvio Berlusconi accusa: «In questi giorni è successa una cosa grave: la Corte costituzionale formata da undici giudici di sinistra e da quattro di centrodestra ha abolito la legge Pecorella». Ora il Pm «può richiamare nel girone dantesco un cittadino assolto in primo grado, rovinando lui e la sua famiglia».

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