No al contratto per non spostare le ferie

Il primo gruppo di elettrodomestici del mondo chiede ai 10mila dipendenti in Italia straordinari più flessibili ma il sindacato si oppone

Paolo Stefanato

da Milano

Fabbriche chiuse in agosto per due, e non per tre settimane. Lo chiede ai propri lavoratori il gruppo Electrolux nella piattaforma del contratto ingrativo. È una delle misure per ottenere quel grado di competitivtà che può dare la maggior efficienza alle fabbriche italiane. Già nel 2000 Electrolux (secondo gruppo metalmeccanico privato in Italia dopo la Fiat) aveva ottenuto, nel contratto integrativo, di poter ricorrere in tempi brevi al lavoro straordinario e di spostare “masse d’orario” (leggi: flessibilità) per organizzare la produzione in maniera più aderente alla domanda. Ma l’accordo, sottoscritto a livello nazionale, è stato boicottato dalle rappresentanze di fabbrica, e non ha mai avuto applicazione. Tale richiesta dell’azienda - insieme alla riduzione del periodo di chiusura - è stata nuovamente inserita nell’integrativo, la cui trattativa, avviata 15 mesi fa, è stata “congelata” dopo l’avvio della contrattazione nazionale.
Electrolux, che nel 1984 ha rilevato la Zanussi e che in Italia ha circa 10mila dipendenti concentrati in gran parte tra Pordenone e Treviso, è il primo produttore di elettrodomestici nel mondo. Di recente il gruppo svedese ha annunciato che entro il 2008 saranno chiuse la metà delle 27 fabbriche dei Paesi ad alto costo di manodopera (in Europa occidentale, Stati Uniti e Australia), con una logica di convenienza. Vengono analizzate le componenti competitive dei vari siti industriali; vincono quelli più efficienti, gli altri vengono chiusi e la loro produzione redistribuita: quella di gamma bassa, nei Paesi a basso costo, quella di alta gamma, dove risulta più profittevole. Negli ultimi mesi sono “saltate” tre storiche fabbriche a Vastervik, in Svezia, a Norimberga, in Germania, e nei pressi di Bilbao, in Spagna. In Italia è stato annunciato, per il momento, il taglio di 250 dipendenti in una fabbrica di frigoriferi a Firenze.
La logica di una multinazionale rende immediata la percezione di che cos’è la competitività: nelle fabbriche competitive si concentra la produzione sottratta agli stabilimenti meno redditizi. Da questo processo di riorganizzazione l’Italia può essere avvantaggiata, consolidando linee e occupazione, a patto di essere all’altezza dell’efficienza richiesta. L’azienda chiede ai lavoratori proprio questo: flessibilità in cambio di denaro, da corrispondere sia in retribuzione fissa che in premi di risultato. Le richieste ripropongono i vecchi accordi vanificati (straordinario e masse di lavoro più facilmente organizzabili) più la chiusura delle fabbriche, in agosto, per due e non tre settimane, fermi restando i diritti individuali alle ferie. «L’elettrodomestico - spiegano in azienda - è sempre più sottoposto alla pressione della grande distribuzione che, utilizzando la leva delle promozioni, chiede forti incrementi di consegne senza preavviso, facendo uscire i prodotti dalle loro ciclicità. Se le case non riescono ad assecondare la domanda gli acquisti sono dirottati altrove».
L’Italia resta, comunque, un’eccellenza nel mappamondo Electrolux. Tra ricercatori e tecnici sono occupate circa 600 persone, ma le tute blu sono 8mila.

Questa proporzione dev’essere tenuta ben presente da tutti coloro che, giustamente, insistono perché l’Italia investa in ricerca: non si cada nell’equivoco di pensare che la ricerca, in termini di occupazione, possa essere un’alternativa al lavoro in fabbrica.

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