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No alla poligamia, ecco la carta dei valori

Oggi il governo presenta la riforma della «Bossi-Fini» sull’immigrazione. Tremonti: pronti al referendum

No alla poligamia, ecco la carta dei valori

Roma - No alla poligamia, ai matrimoni forzati, alla copertura del volto, alla mortificazione della donna, all’istigazione alla violenza. Sì all’esposizione dei simboli religiosi che mai vanno ritenuti offensivi per chi quella religione non professa, sì all’istituzione nella scuola di corsi di insegnamento delle diverse religioni, scelti e condivisi con alunni e genitori, sì al velo se liberamente scelto. Via libera al conferimento della cittadinanza all’immigrato che conosce «la lingua italiana e gli elementi essenziali della storia e della cultura nazionali» e soprattutto che «condivide i principi che regolano la nostra società».
Non si tratta di «norme» tiene subito specificare il ministro dell’Interno, Giuliano Amato ma di «principi», contenuti nella Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione messa a punto dal Comitato scientifico nominato dallo stesso Amato e presieduto dal professore di Diritto, Carlo Cardia e del quale fanno parte anche il professor Khaled Fouad Allam (Ulivo) e Roberta Aluffi Beck Peccoz, docente di Diritto islamico.
Non è un caso però che Amato abbia voluto presentare questo documento alla vigilia del Consiglio dei ministri che discuterà oggi il ddl di riforma della legge sull’immigrazione, firmato dal titolare del Viminale e dal ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero. Amato ha fatto anche di più per dare un valore non soltanto simbolico alla Carta. In due diversi decreti ha precisato la volontà del governo di «ispirarsi ai principi contenuti nella Carta» e ha rinominato con la stessa composizione il Comitato scientifico, affidandogli il compito di promuovere la Carta fra le associazioni e le comunità religiose che d’ora in poi potranno aderivi liberamente.
«Non si possono imporre per decreto i principi contenuti nella Carta - spiega Amato -. Questo non significa che alcune indicazioni non possano essere tradotte in norme. Come ad esempio la necessità di conoscere la nostra cultura e condividere i principi base sui quali si fonda la nostra società». Principi già ben definiti dalla nostra Carta costituzionale. Dunque no «al multiculturalismo acritico - dice Amato - non si può mai istigare alla violenza in nome di nessuno, tanto meno di Dio».
Il professor Cardia tiene a sottolineare come nella Carta si ribadisca il principio che ogni cittadino immigrato debba godere di tutti i diritti previsti dal nostro sistema ma debba anche avere gli stessi doveri «senza coni d’ombra e zone franche» mentre Khaled Fouad Allam evidenzia come la Carta non possa avere «alcun effetto immediato» e che quello che conta è la volontà delle persone, garantendo che per l’Islam il contenuto della carta è pienamente condivisibile.
Intanto però si prepara lo scontro in Parlamento sulla riforma della legge sull’immigrazione, la Bossi-Fini. Da un lato il centrosinistra deciso a cancellare le norme varate dal governo Berlusconi dall’altro il centrodestra, che promette di alzare le barricate per difendere una legge che può sì essere migliorata, dice l’opposizione, ma non cancellata.
Amato ritiene che oggi il Consiglio dei ministri licenzierà il provvedimento di riforma che poi passerà all’esame delle Camere. Tra le novità contenute nel ddl la semplificazione delle procedure per ottenere il permesso di soggiorno, la possibilità di entrare per cercare lavoro iscrivendosi ad apposite liste o attraverso una banca dati di raccolta delle richieste e delle offerte e soprattutto nuove regole per i Centri di permanenza temporanea che cambieranno radicalmente, trasformandosi in centri di accoglienza. Nuove regole anche per i minori.
Una legge dalle maglie troppo larghe per lo schieramento di centrodestra. «Valuteremo: ma se il prodotto finale non andrà bene annuncio che si farà un referendum abrogativo», promette l’ex ministro dell’Economia, l’azzurro Giulio Tremonti. «Spero che non si debba arrivare a questa extrema ratio - dice Tremonti - ma il referendum è uno strumento popolare che intercetta i sentimenti popolari». Subito la replica di Piero Fassino.

Un referendum, dice, sarebbe «poco prudente» perché si «rischia di creare più conflitti che benefici».

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