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No Tap, continua la protesta: bruciate schede elettorali e bandiere del M5s

Bersaglio della protesta sono appunto gli esponenti del M5s. I cittadini si sentono traditi dalle promesse non mantenute dei 5 stelle che nelle campagne elettorali dal 2014 al 2018 hanno sempre assicurato che, se fossero andati al governo, i lavori per il gasdotto sarebbero stati bloccati

No Tap, continua la protesta: bruciate schede elettorali e bandiere del M5s

La battaglia dei No Tap continua più "accesa" che mai. Da venerdì e dalla conferma del premier Conte sulla ripresa dei lavori per la costruzione del gasdotto, le proteste non si sono placate. Schede elettorali, bandiere del M5s e manifesti sono stati bruciati dai cittadini di Melendugno e attivisti No Tap che stano manifestando sotto la sede della delegazione della Capitaneria di porto di San Foca, la marina di Melendugno in cui approderà il gasdotto che porterà il gas dell'Azerbaijan in Europa.

Bersaglio della protesta sono appunto gli esponenti del M5s. I cittadini si sentono traditi dalle promesse non mantenute dei 5 stelle che nelle campagne elettorali dal 2014 al 2018 hanno sempre assicurato che, se fossero andati al governo, i lavori per il gasdotto sarebbero stati bloccati.

Secondo le dichiarazioni del vicepremier Luigi Di Maio, il Paese non ha molte alternative e interrompere i lavori significherebbe sottoporre l'Italia al rischio di pagare penali miliardarie. Motivazioni che non sono servite ad allentare le tensioni e il movimento No Tap continua a manifestare il suo totale dissenso. Per ricordare agli elettori chi sono i pentastellati che si erano impegnati in prima persona sull'argomento gasdotto, i No tap hanno allestito un manifesto con le loro foto: da quella del ministro per il Sud, Barbara Lezzi ad Alessandro Di Battista, Luigi DI Maio, Diego De Lorenzis, Soave Alemanno, Daniela Donno, Michele Nitti, Veronica Giannone, Leonardo Donno, Iunio Valerio Romano, Giuseppe L'Abbate, ovvero, i parlamentari eletti in Salento.

"Avete tradito il contratto di governo sottoscritto con i vostri elettori che prevede la partecipazione dei cittadini nelle decisioni che li riguradano e un'analisi costi/benefici sulle grandi opere. Con il vostro voltafaccia avete dimostrato di essere peggio dei vostri predecessori. Se vi resta ancora un minimo di dignità e onestà dimettetevi", riporta il manifesto.

Alla protesta ha preso parte anche il sindaco di Melendugno, Marco Potì: "Il ministro Salvini, che fa parte di questo governo - afferma il sindaco - ha preso l'impegno di non fare entrare le navi nei porti italiani e lo ha mantenuto violando Trattato di Dublino, e in quel caso non ci sono soldi ma vite umane in gioco, mentre Di Maio e Conte non hanno il coraggio e la volontà di fermare quest'opera, definita giustamente una follia ingegneristica". A questo punto, ha proseguito il sindaco Potì, "non so che tipo di trattativa si possa instaurare con il governo, ma noi continueremo a ricorrere in sede giudiziaria, sia amministrativa che penale. Ci sono tre o quattro indagini aperte su questo progetto da parte della Procura di Lecce, visto che si parla di legittimità dell'opera. Quindi, indagini in corso e incidente probatorio per la pericolosissima centrale di Melendugno.

Noi faremo ciò che ci consente di fare la Costituzione italina, cioè manifestare, ricorrere alla magistratura e fare comprendere a che deve prendere decisioni che quest'opera è una follia e uno stupro per il Salento".

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