Il Nobel per la Letteratura è come il Festival di Sanremo. Se ne parla moltissimo «prima», molto «durante» (per i giornali «durante» vuol dire il giorno dopo), pochissimo «dopo». Il vincitore questanno verrà reso noto fra l8 e il 15 ottobre. Ma già ieri montava londa dei «si dice». Un americano? Forse, visto che questo continente è a secco dal 93. Eventualmente, del Nord o del Sud? Mah, per il Nord si bisbiglia di Philip Roth, Norman Mailer, Joyce Carol Oates e Margaret Atwood; per il Sud si punta su Mario Vargas Llosa. E gli israeliani? Amos Oz, David Grossman... Invece la «questione musulmana» pare, sembra, si ipotizza che stia ostacolando il poeta sirio-libanese Adonis. È tanto bravo, ma lanno scorso vinse il turco Orhan Pamuk... Insomma, robetta. Per fortuna cè una candidatura che metterebbe daccordo tutti, rispettando gli equilibri geopolitici e conferendo al paludato appuntamento - per noi italianuzzi è basilare - una rinfrescata di tono famigliar-festivaliero da «Teatro Ariston».
Tenetevi forte. Il grande letterato è italiano. Tenetevi ancor più forte. Ha firmato E lalluce fu... (raccolta di «monologhi e gag»). Avete indovinato? No, non Dario Fo. Lui il Nobel lha vinto dieci anni fa. È Roberto Benigni, da tempo impegnato a divulgare lopera di tale Dante Alighieri (il quale, detto per inciso, il Nobel non lha mai neppure sfiorato).
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