Signor Burgnich, Massimo Moratti ha detto che lInter attuale gli ricorda quella di papà Angelo, la sua, insomma.
«Posso anche essere daccordo. Noi sfruttavamo il contropiede in trasferta, ma a San Siro comandavamo noi stando sempre nella metà campo degli avversari».
Ma come si può paragonare questa di Zanetti, Cordoba e Samuel a quella mitica di Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi...
«È sempre difficile fare certi confronti, comunque i difensori di Mancini sono tutti titolari nelle rispettiva nazionali, è gente esperta di un certo valore».
Voi eravate etichettati di fare catenaccio: difesa, palla lunga e pedalare.
«Ce la siamo portati addosso per tanto, questa nomea. Il fatto è che noi difendevamo in tre: Guarneri, Picchi e io perché Facchetti andava avanti a fare gol e Bedin spingeva anche lui. Ma il fatto è che erano talmente forti, quelli che avevamo davanti, da Suarez, Mazzola, Corso e Peirò, che indietro nascevano ben pochi problemi».
Però qualche volta siete stati messi in difficoltà, lo ammetta.
«Abbiamo fatto barriera un paio di volte, a Liverpool e con la Torpedo Mosca, ma per il resto eravamo noi a comandare il gioco».
Moratti spera ancora di recuperare sulla Juve. Lei pensa che lInter possa farcela?
«Moratti fa bene a pensarla così e io glielo auguro davvero.
Ma lInter di Mancini le piace?
«Sì, perché tutti stanno giocando più attenti, attaccano e sono pronti a chiudere subito in difesa. Questa non è più lInter svagata di due anni fa».
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