NOI, «CASTA» DEI GIORNALISTI

Beppe Grillo ne ha fatte tante, ma questa proprio non gliela possiamo perdonare: ci costringe a scrivere in difesa della categoria dei giornalisti, della quale ben conosciamo i difetti e anche le miserie.
A pensarci bene già l’uso del termine «categoria» è improprio. Le «categorie» non esistono. Esistono gli individui, ciascuno con i propri vizi e le proprie virtù. «Categoria» è un termine appunto da Beppe Grillo, cioè da tribuno moralista che, avendo per missione il fomentare l’odio, ha bisogno di offrire ai fomentati un bersaglio certo. Ecco quindi prima il V-day contro i politici, e poi contro i giornalisti, l’altra presunta casta.
Intendiamoci. Grillo, nei suoi comizi sempre più poveri di vis comica e sempre più fegatosi e violenti, dice anche alcune (perfino molte) cose vere. Nelle sue requisitorie contro questo o quel centro di potere, mette spesso il dito in piaghe che sono davvero aperte e purulente. Ma questo non deve stupire. È una vecchia tecnica che prima di Grillo hanno sperimentato ben altri arruffapopolo: le verità contenute nei vari j’accuse sono necessarie per convincere chi ascolta dell’attendibilità di chi parla, e quindi per nascondere la menzogna complessiva.
La quale menzogna complessiva è appunto quella di dividere l’umanità in «categorie», nel generalizzare, nel compilare tabelle di buoni e cattivi. Per stare allo specifico, cioè a noi giornalisti, non c’è alcun dubbio che tra noi non manchino i «servi» (per usare il vocabolario grillesco) che fanno carriera con il bacio della pantofola; è vero anche che spesso siamo di parte, anzi faziosi. Ma la guerra santa di Grillo contro «la categoria dei giornalisti» è una colossale presa in giro. Primo, perché propone un referendum (sull’abolizione dell’Ordine) che non è fattibile; secondo, perché se non ci fosse un Ordine dei giornalisti saremmo tutti ancora più «dipendenti» da quegli editori che Grillo dipinge come i nostri burattinai; e terzo - cosa più importante - perché dell’Italia tutto si può dire tranne che non ci sia libertà di pubblicare giornali che spazino dall’estrema destra all’estrema sinistra.
Anche Grillo, per dire, ha un suo giornale. Eccome se ce l’ha. Ce l’ha su Internet, e quindi dispone del media oggi sicuramente meno costoso e probabilmente più incisivo. Sul suo sito, anche Grillo diffonde qua e là qualche notizia non vera, qualche calunnietta, qualche insulto, qualche istigazione gabellata per indignazione. Anche lui, insomma.


Ma a pensarci bene è proprio questo - di Grillo come di tutti i moralisti - ciò che fa più orrore: il sostenere che se le cose non vanno la colpa è solo degli altri, illudendo se stessi (e i seguaci) di essere i migliori, i senza peccato.

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