da Napoli
«Papà te lo giuro, da oggi cambio vita. Quando quel carabiniere mi ha sparato, ho avuto paura di morire». È il 29 maggio '97, Domenico D'Andrea, 13 anni e mezzo, in arte criminale «Pippotto», piange come un bambino che viene scoperto dai genitori, dopo avere marinato la scuola. Invece, il baby delinquente, poco prima, con un complice di 14 anni, aveva tentato di rapinare un carabiniere, che aveva reagito sparando alle gambe i due malviventi.
Ma, la promessa di Pippotto, arrestato all'alba di ieri per l'omicidio dell'edicolante Salvatore Buglione, dura solo pochi mesi: a ottobre dello stesso anno, infatti, armato di coltello, rapina una donna a Piscinola, il quartiere dove vive, terra di degrado e camorra.
A voler raccontare la carriera criminale di questo ancor giovane delinquente, non basterebbero due pagine di giornale. A nove anni, inizia a compiere furti e rapine a mano armata. A 13, il commissariato Arenella, scopre che l'enfant prodige della delinquenza napoletana, faceva parte di una banda di rapinatori di motorini. Fino a 14 anni, Pippotto, in quanto minore non imputabile, riesce ad evitare il carcere minorile. Ma, quando comincia a conoscere la durezza che riserva una vita carceraria, il rapinatore, non si perde d'animo e comincia a inanellare una lunga serie di evasioni.
Giunto alla soglia dei 16 anni, Pippotto, arrestato pochi giorni prima con l'accusa di avere commesso 3 rapine in poche ore, se la squaglia indisturbato dal minorile di Airola (Benevento).
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