Nomine Rai, le mani del Professore sul Tg1

Nella maggioranza braccio di ferro fra «lottizzatori duri e puri» e quelli che invocano equilibrio

Fabrizio de Feo

da Roma

Bisogna «risarcire» Romano Prodi, orfano di un direttore generale di sua piena fiducia. Ma anche fare i conti con i fedelissimi dell’Usigrai, piazzando qualche uomo vicino al sindacato (rosso) dell’azienda. Ci sono le ambizioni dei Ds da soddisfare. Le richieste sempre più pressanti della Margherita. E poi le risorse interne, gli «affidabili», gli amici degli amici, i professionisti passati attraverso le varie stagioni della politica senza mai rinnegare la loro fede e il loro tifo. Davvero per loro non ci sarà niente al grande banchetto della Rai?
È tempo di totonomine. E dentro l’Unione ci si divide in due partiti. C’è chi sogna di mettere a segno l’en-plein, mettendo le mani su tutte le poltrone di peso del servizio pubblico radiotelevisivo, sulla falsariga del modello adottato per le massime cariche dello Stato quando un colpo dopo l’altro, l’Unione - pur minoritaria per numero di voti complessivi - mise le mani su tutto il bottino. Una campagna di conquista che implicherebbe la defenestrazione del consigliere di fiducia del Tesoro, Angelo Maria Petroni, così da avere presidenza, direzione generale e maggioranza nel cda e trasformare la Rai in una sorta di dépendance della maggioranza.
Ma c’è anche chi invoca un profilo più basso e, a mezza bocca, invita i colleghi a non scoperchiare il vaso di Pandora e tenere a bada appetiti che non potranno mai essere soddisfatti in toto.
Sullo sfondo ci sono le attese e le aspettative dei «prodiani» che salgono sempre più di livello. Il Professore minaccia di far saltare il banco e rinnovare l’intero cda se la sua voce non sarà ascoltata. E rivendica, come prima mossa, il diritto di scegliere un uomo di sua fiducia per il Tg1 e, se possibile, anche per la Rete Uno. Per questo molti danno in discesa le quotazioni del «dalemiano» Antonio Caprarica a tutto vantaggio di Gianni Riotta.
D’altra parte, l’attenzione del presidente del Consiglio per la Rai non è mai stata periferica. Basta andare a scorrere l’elenco dei direttori della testata ammiraglia per rendersene conto. Dopo la vittoria del ’96 divennero direttori del Tg1 prima Rodolfo Brancoli, portavoce di Prodi, poi Gad Lerner, per lungo tempo suo spin-doctor, poi ancora Albino Longhi, che del Professore è stato consulente a Palazzo Chigi (il capo della campagna elettorale Roberto Morrione prese, invece, possesso della poltrona di direttore di Rai News 24). Come dire che la riconoscenza è sicuramente un sentimento praticato dall’ex presidente dell’Iri. E che dentro l’Unione possono tranquillamente rassegnarsi: il Tg1 sarà appannaggio di un uomo del Professore.
Ma anche la Casa delle libertà ha qualcosa da dire. «Dopo aver occupato tutte le principali cariche del Paese e, tra l'altro, anche la presidenza della Rai - afferma il portavoce di Silvio Berlusconi, Paolo Bonaiuti -, il governo si è scatenato nell'occupazione militare di tutte le poltrone di viale Mazzini». E aggiunge: «Prodi sostiene che lui non si occupa di queste vicende. Eppure dovrà spiegare ai capigruppo della maggioranza gli obiettivi di questo blitz condotto da lui e Fassino sulla Rai. Pensa che l'opposizione resterà zitta a guardare?».
I problemi non mancano e nel centrosinistra gli stessi che ufficialmente liquidano il totonomine come un «rito tribale» e una «pratica vergognosa» sono pronti a salire sulle barricate se i loro partiti non otterranno una adeguata rappresentanza nella rosa - che si annuncia nutritissima - dei direttori e dei vicedirettori. Molti sussurrano che potrebbe riproporsi lo schema della moltiplicazione da record dei pani, dei pesci e delle poltrone già messa in atto al momento della nomina di ministri e sottosegretari. Un modo per soddisfare gli appetiti di partiti come Udeur, Verdi, Italia dei valori, Pdci e Rifondazione che spingono per avere un posto al sole (e una o più direzioni o vicedirezioni di peso nella tolda di comando della Rai) e vivono con fastidio l’attivismo sotterraneo dei «grandi». «Ds e Margherita non si illudano di poter giocare da soli la partita delle nomine» ripete il capogruppo dell’Udeur, Mauro Fabris. E anche Daniele Capezzone alza la voce contro «le trattative e le manovre selvagge attorno alla Rai».
Segnali in codice arrivano anche dagli altri partiti dell’Unione che alzano gli scudi contro la «lottizzazione» in corso. Un modo per dire che al tavolo della trattativa loro vogliono esserci. Con un primo show-down già fissato.

Domani, infatti, a margine del vertice di maggioranza sulla Finanziaria, i «cespugli» del centrosinistra intimeranno l’alt agli appetiti di Margherita e Ds chiedendo tutela direttamente a Romano Prodi. Un appello alla pari dignità che aprirà ufficialmente il valzer vorticoso del totonomine Rai. E porterà allo scoperto gli appetiti, decisamente voraci, del sottobosco unionista.

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