Non basta un gol di Mancini La Roma si spegne a Messina

Abbraccio fra il brasiliano e Totti per la felicità dei tifosi ma la squadra non sa gestire il vantaggio nonostante l’arbitro

nostro inviato a Messina

Luciano Spalletti si rammarica per il record perso dopo soli undici mesi, ma farebbe bene a ripensare alla brutta Roma di Messina. Quella che, oltre al primato di vittorie consecutive, alza definitivamente bandiera bianca nella corsa scudetto. Lasciando due punti ai siciliani, così come era avvenuto con Chievo e Ascoli in casa (squadra al livello di quella di Giordano). Inter a più nove, inutile pensare a un ormai impossibile recupero anche se fra tre settimane ci sarà lo scontro diretto, ma a San Siro e con i nerazzurri lanciatissimi sul piano psicologico.
Così l’immagine migliore di una Roma arrugginita, incapace di gestire una situazione favorevole di punteggio pure arrivata in una giornata no, è l’abbraccio fra Totti e Mancini dopo il gol del brasiliano. Forzato e quasi invocato fuori dal campo per spegnere le polemiche della settimana sulla nemmeno tanto presunta freddezza nei rapporti fra i due. La combinazione fra i giocolieri romanisti, una delle rare azioni pericolose viste al San Filippo, non è sufficiente per piegare un Messina con grossi limiti di organico, ma sicuramente penalizzato da assenze importanti e da un arbitraggio che ha strizzato molto più l’occhio ai giallorossi ospiti. Ma se non ci fosse stata l’ingenuità finale di un difensore esperto come Chivu (fallo in area, anzi quasi sulla linea di fondo, su Di Napoli al 90’) che consegna a Parisi il penalty del pareggio, la Roma avrebbe addirittura ottenuto tre punti immeritati. Anche se il palo frena un tiro “sporco” di Totti, che non onora al meglio la 450° partita in giallorosso e Storari compie un vero miracolo al 97’ quando devia la conclusione disperata, ma precisa, del neo entrato Cassetti.
Partita spezzettata e ricca di pause, avvelenata da errori arbitrali (pessima la giornata di Rocchi che non vede un’evidente trattenuta di Ferrari su Floccari), invasioni di campo, lancio di oggetti e contestazioni vibranti dei tifosi messinesi a Giordano prima e al patron Franza. Che arrivano con scarso tempismo, visto il gol di Parisi a tempo scaduto. Lo spettacolo latita e sono davvero poche le azioni degne di nota. Il Messina, senza il bomber Riganò, ha poche frecce nel suo arco nonostante la generosità di Floccari (che corre come un dannato ma non riceve un pallone giocabile) e la grinta di Di Napoli, schierato forse troppo tardi. Già, perché Giordano decide di mettere in campo un undici teso al contenimento delle verticalizzazioni della Roma, con un centrocampo a cinque nel quale l’ex laziale Giallombardo (debutto sfortunato per un infortunio dopo mezz’ora) è fuori ruolo e Pestrin, l’altro nuovo arrivato, pare un ottimo innesto. La Roma parte al piccolo trotto, ma confeziona un’azione da cineteca per il gol del vantaggio: Chivu recupera palla regolarmente su Cordova, lancia Perrotta che a sua volta mette in azione Taddei, cross per Totti e assist del capitano per Mancini, che sale a quota sette in campionato con un pallonetto. La rete del brasiliano mette sui binari giusti la partita dei giallorossi, anche perché Rocchi concede tutto o quasi a favore della squadra di Spalletti. L’ingresso di Di Napoli è la svolta, ma ci vuole anche l’errore di Chivu che compie un fallo da dilettante e non da nazionale rumeno.

Gol di Parisi e beffa giallorossa, che in quattro giorni (prima con il Parma all’87’ in Coppa Italia e ieri a Messina, dove ha esordito lo svedese Wilhelmsson) subisce due gol nel finale. Spalletti farà bene a lavorare sulla concentrazione della squadra, c’è almeno da salvare il secondo posto.

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