Antonio Signorini
nostro inviato a Capri
Se proprio gli imprenditori non vogliono dare allInps una parte della liquidazione dei lavoratori, allora è meglio che si preparino a rinunciare al taglio del cuneo fiscale. Tommaso Padoa-Schioppa non è stato così diretto nel suo intervento al convegno dei giovani imprenditori di Capri, ma il senso delle parole pronunciate alla platea dei giovani confindustriali è stato sufficientemente chiaro. In particolare quando ha rivelato che nelle ultime fasi della trattativa prima di presentare la manovra al Consiglio dei ministri, «agli imprenditori che hanno obiettato che il governo toglie, con il trasferimento di una quota del Tfr allInps, quanto dato con il taglio del cuneo fiscale, ho detto: bene, allora eliminiamo entrambi. Loro - ha raccontato il responsabile dell'Economia - sono impalliditi».
Un modo per far capire che lalternativa è ancora questa. E che le resistenze degli industriali al trasferimento delle quote di Tfr (le somme che i datori trattengono dalla busta paga dei dipendenti per poi restituirli quando il rapporto di lavoro termina) se avranno effetto non potranno non comportare sacrifici su altri versanti, compresa leliminazione dellunica misura pro sviluppo contenuta nella manovra da 33,4 miliardi di euro. Questo non significa che non ci saranno modifiche nel capitolo Tfr. La misura, che dovrebbe servire a finanziare le infrastrutture, ha raccolto critiche da quasi tutte le parti sociali, anche perché - questo sostiene parte del fronte sindacale - mette a rischio il lancio della previdenza integrativa. Sul trattamento di fine rapporto «cè stato un difetto di concertazione», ha ammesso il ministro, aprendo la porta a cambiamenti, sia pure parziali. «Forse cè anche un difetto di costruzione, cercheremo di correggerlo, qualche cosa faremo». E comunque tutta la polemica «va sdrammatizzata. La norma sul Tfr non è tutta la Finanziaria, non è la cosa più importante e non definisce la manovra».
Ma non è nemmeno lunico punto contestato della Finanziaria 2007. Di rilievi critici lo stesso Padoa-Schioppa ne ha contati otto. E ha cercato di rispondere a tutti. La Finanziaria, in generale, va bene. E le «turbolenze» di questi giorni sono fisiologiche. È, semmai, un po complessa, tanto che, ammette il ministro, anche la sua conoscenza del testo uscito da Palazzo Chigi è «approssimativa». «Non immaginate - ha precisato - quante volontà concorrano a scriverla. Ed è difficile capire quello che si è fatto». Però sbaglia chi dice che ne sarebbe bastata una meno consistente. E il riferimento di Tps è a Francesco Giavazzi, «un economista» che ha preferito non nominare, ma che era presente in sala, accanto a Giulio Tremonti. «Ha detto che sarebbero bastati 15 miliardi eppure nei mesi passati aveva definito la manovra indispensabile», protesta il ministro. «Cosa avremmo dovuto fare, non tagliare il cuneo? Fermare i cantieri o non fare i contratti pubblici?». Troppe tasse? Anche questa critica non è fondata. Perché il prelievo netto si limita a 5 miliardi, cifra «nella quale non ho messo in conto la lotta allevasione, che non è una nuova imposta, ma recupero del dovuto», ripete un paio di volte il ministro alla platea di imprenditori che rimane impassibile.
Non è nemmeno vero che, come sostengono gli industriali, che nella Finanziaria non ci siano riforme strutturali. E neppure che non fa sviluppo. Anzi, questa accusa secondo il ministro si può rovesciare addosso al passato governo, che ha fatto aumentare «la spesa improduttiva che a parole condannava e ha fatto calare quella produttiva, che a parole lodava». Lesecutivo di centrodestra è anche responsabile della situazione dei conti. Che effettivamente non si traduce in aumento del deficit, come provano i dati Istat relativi al primo semestre dellanno. Semmai la Cdl con la sua ultima legge Finanziaria ha causato «una desertificazione» bloccando alcuni canali di spesa che erano in realtà incomprimibili. Questa Finanziaria li riapre. E sbaglia chi non capisce. Soprattutto se a criticare è un membro della maggioranza o del governo.
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