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Non vogliono il premier in piazza il 25 aprile

Tra inviti e dietrofront a sinistra la Liberazione resta festa partigiana. Comunisti contrari alla presenza di Berlusconi al corteo: "Chi non c’è mai venuto, è meglio che se ne stia a casa sua"

Non vogliono il premier in piazza il 25 aprile

Roma - «Squallido», dice Pier Ferdinando Casini. «Sì, è proprio penoso - insiste - fare propaganda politica sul 25 aprile». Quella è «una festa di tutti», è «un momento di unità» e non può essere usato «come spunto per una polemica: certe beghe non interessano in alcun modo gli italiani».

Ma che la Liberazione sia davvero «una festa di tutti» non sono in molti a pensarlo, soprattutto nel campo della sinistra radicale. Basta sentire cosa dice Nichi Vendola sull’ipotesi della partecipazione di Silvio Berlusconi alle manifestazioni. «Se andrà in piazza per celebrare il 25 aprile, sarà una cosa buona perché segnerà l’inizio di un ripensamento. Se si tratta di un colpo di teatro, allora non va bene». O basta ascoltare Alfio Nicotra, Prc: «Antifascisti lo si è tutto l’anno. Se viene a Milano per calcolo politico, per fare propaganda in vista delle elezioni e cercare l’incidente, meglio che resti a casa». O anche il pdci Pino Sgobio: «È la festa della Liberazione dal nazifascismo. Chi non ha mai partecipato in questi anni, farebbe bene ad astenersi ancora perché gli italiani non vogliono essere presi in giro». E dubbi sulla presenza in piazza Duomo del Cavaliere arrivano pure da pezzi della sinistra riformista.

Questo è il clima che si prepara per l’eventuale debutto del presidente del Consiglio alla festa. «Si tratta di osservazioni irresponsabili - commenta Fabrizio Cicchitto, presidente del deputati del Pdl -. Al di là del paternalistico invito di Franceschini, si dimostra che c’è tutto un settore della sinistra che considera quella piazza e quell’occasione una sua proprietà privata». Infatti ad «invitare» ufficialmente il premier era stato proprio il reggente dell’opposizione Dario Franceschini. «Io andrò ad Onna, luogo simbolo del terremoto e di una strage nazista, e poi alla manifestazione di Milano. Mi auguro che ci sia anche lui». E Berlusconi non ha detto di no: «Finora non ho mai partecipato perché mi sembra che ci sia stata sempre un’appropriazione del 25 aprile di una sola parte politica. Ma sto riflettendo. Probabilmente sarò anch’io in campo».

Dove, semmai? Potrebbe in teoria presentarsi a una delle celebrazioni a cui parteciperà Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato il 23 visiterà l’ossario di Forno di Coazze a pochi chilometri da Torino e il 25 presenzierà alla cerimonia di Mignano Montelungo, in provincia di Caserta, città medaglia d’oro della Resistenza. Oppure Berlusconi potrebbe scegliere l’incontro del 24 al Quirinale con gli ex combattenti. O un luogo nell’Abruzzo terremotato, tipo appunto la disastrata Onna.

O magari, a sorpresa, potrebbe materializzarsi a Milano dove troverebbe una piazza ostile. Cicchitto ricorda «l’accoglienza riservata anni fa a Bossi e più recentemente a Letizia Moratti» e prevede contestazioni. Dice ancora Vendola: «Celebrare il 25 aprile significa mettere al bando censura e autoritarismo. Alcuni a destra hanno fatto autocritica e reciso le relazione col fascismo, altri solo un rapido maquillage. Altri ancora, come il gruppo dirigente berlusconiano, hanno esibito lontananza ideale da quella data».

Conclusione: «Berlusconi non può emettere editti bulgari e lanciare una fatwa sul dissenso e poi celebrare il 25 aprile».

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