Cannes - «Sarà il Festival dei direttori della fotografia», aveva annunciato il selezionatore di Cannes, Thierry Frémaux. L'apertura del festival, ieri, con My Blueberry Nights di Wong Kar-wai (in concorso), l'ha subito confermato. Il film vive solo del virtuosismo di Darius Khondji, perché è minato all'origine da un soggetto scontato, storia di falliti e alcolizzati che trascinano un'esistenza da bar solo per una delusione d'amore.
Il barista (Jude Law) stavolta è inglese. Mesce dunque a Londra o meglio a Birmingham, visto l'accento del suo personaggio, da nord dell'Inghilterra? No, mesce a New York. Perché? Non si sa. Si sa però che rimpiange la fidanzata che l'ha lasciato. Una ragazza (Norah Jones), che a sua volta rimpiange il fidanzato che l'ha lasciata, entra nel bar. Il barista la consola a porzioni di torta al mirtillo e se n'innamora perfino: mentre lei dorme, la bacia. Lei forse non percepisce o forse non gradisce, fatto sta che va a Memphis, dove conosce un poliziotto (David Strathairn) che rimpiange la moglie (Rachel Weisz) che l'ha lasciato. È una spirale! Lui però ha quasi sessant'anni e non si consola con le torte, ma col whisky. Poi s'uccide. La ragazza si trasferisce allora a Las Vegas, dove conosce una giocatrice professionista (Natalie Portman), le presta duemila dollari, dorme con lei senza apparente ragione e la assiste quando lei perde il padre. Infine torna da Jude Law e alle sue torte al mirtillo.
Catena di solitudini fra baretti e alberghetti, My Blueberry Nights è la versione gonfiata e americana di un cortometraggio a sfondo hongkonghese allegato al dvd di In the Mood for Love, altro film di Wong Kar-wai. Ma quel che reggeva cinque minuti non regge due ore. Il virtuosismo di Khondji non rende interessanti personaggi senz'arte né parte. Quanto agli interpreti, la cantante Norah Jones che esordisce recitando è abbastanza brava, ma certo non sostiene My Blueberry Nights più di quanto un'altra esordiente attrice, Björk, sostenesse Dancer in the Dark di Lars von Trier. Potrebbe essere un augurio: nel 2000 quel film ebbe la palma d'oro.
Il genere di My Blueberry Nights è lo stesso dei non rimpianti Smoke, Clerks, Mosche da bar: sitcom, più che film, cumuli di parole su fatti interessanti solo per chi li ha vissuti, gente senza qualità. Ciò farà molto neorealismo o anche nouvelle vague, ma è l'opposto dello spettacolo, se non ci sono nella storia tensioni che rendano eccezionale il banale. E in My Blueberry Nights non ci sono, sebbene Wong Kar-wai sia ricorso saggiamente a Lawrence Block, noto giallista, perché gli scrivesse i dialoghi. Solo che qui il giallo non c'è.
Nella conferenza stampa Wong Kar-wai non è parso rendersi conto di mescolare da anni la maniera di Antonioni alla maniera di Truffaut. Nella migliore ipotesi ciò sfocia nella maniera di Lelouch (In the Mood for Love); nella peggiore (2046) sfocia nel caos; in My Blueberry Nights sfocia nel bluff scoperto e prolisso.
Ieri il regista ha parlato, compunto, delle conseguenze diverse tra un bacio in Cina e uno altrove, senza spiegarle. Ha aggiunto che aveva cercato, con l'intervento di Block, di non girare un film che avesse, capovolti, i luoghi comuni esotici del cinema occidentale sulla Cina. E poi ha definito The Blueberry Nights un film di viaggio solo perché uno dei personaggi serve caffè ora nel Tennessee, ora in California.
Dopo Happy Together, gran premio della giuria nel 1997, Wong Kar-wai è diventato carissimo a Cannes e sembra intenzionato a fare, a vita, film da festival. Peccato.
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