Maurizio Cabona
Alla Mostra, passaggio dallo schermo allo scherno per i primi due film tutti italiani: domenica è toccato a Musikanten di Franco Battiato, un cantante che ora fa film; ma ieri è toccato a I giorni dellabbandono di Roberto Faenza, che molti consideravano un cattivo regista quando faceva film movimentati e insoliti (lo jacopettiano Forza Italia!, 1978; il pre-tarantiniano Copkiller, 1982), ma che stimano da quando (il senile Sostiene Pereira, lo psicoanalitico Prendimi lanima) li fa statici. Ieri le risate di giornalisti e cinefili hanno spesso coperto i dialoghi dei Giorni dellabbandono. Strano: gli stessi spiritosi avevano appena tollerato il molesto Mary di Abel Ferrara...
Va detto che alla Mostra lumorismo involontario nei film è molto apprezzato, mancando quasi quello volontario. Dellabbondanza delluno e carenza dellaltro sono responsabili selezionatori indulgenti, soprattutto verso i film italiani, con amari esiti per chi credeva davvantaggiarsene. Càpita infatti a tutti di fallire un film. Lultimo di Zhang Yimou - il miglior regista in circolazione - è stato bocciato prima da Cannes, poi da Venezia. Ma lesclusione passa inosservata e, quando il film esce nelle sale, è «vergin di servo encomio e codardo oltraggio» (sono spesso gli stessi a incensare prima e a umiliare dopo). È proprio perché un fiasco alla Mostra, o in altro grande Festival, può minare - oltre al film - la reputazione di chi lo fa, che Hollywood ne diffida. Raramente registi e attori conoscono i propri limiti. Dovrebbero dunque tutelarli i selezionatori, escludendo le opere «minori». Ma non sempre lo fanno. Se lavessero fatto, non il ridicolo, ma loblio avvolgerebbe Vanina Vanini (ribattezzato «Canina Canini») di Roberto Rossellini, con Sandra Milo (1961); Identificazione di una donna (1982) e lepisodio di Eros (2004) di Michelangelo Antonioni; Bambola di Bigas Luna, con Valeria Marini (1996); Incontri proibiti di Alberto Sordi, ancora con la Marini (1998); Ovunque sei di Michele Placido (2004), con la figlia Violante sbeffeggiata insieme a Stefano Accorsi.
Anche Cannes ha episodi analoghi. Lo sa Monica Bellucci, insultata di persona alla serata di gala dIrreversible di Gaspar Noé (2002); lo sa Chloe de Sévigny, irrisa per la fellatio al (realmente) amato Vincent Gallo in The Brown Bunny (2003). Tre mesi dopo lo stesso accadeva a Venezia dove David Wissack veniva collettivamente violentato in Twentynine Palms di Bruno Dumont.
Per I giorni dellabbandono, scritto oltre che diretto da Faenza, ad aggravare i danni ci sono stati i corifei che alla vigilia reclamavano la coppa Volpi per Margherita Buy. Chi vi aspira dovrebbe però cogliere leffetto comico di battute, espressioni e situazioni presunto-drammatiche, anche se esso sfuggisse al regista. Chi sfida Isabelle Huppert e Susan Sarandon, dovrebbe almeno eccellere in dizione, mentre sullo sfondo torinese de I giorni dellabbandono la Buy chiama «cabbina» quella del telefono. È bionda eppure immigrata? Lo sono anche i suoi bambini, che hanno più accento romano di lei? Apprendiamo poi che traduce libri e la vediamo batterli a macchina. Ma da un decennio gli editori esigono testi di computer. Allora lei è una tradizionalista? Ma solo per scrivere; per parlare usa il videotelefono!
Cadono sulla Buy anche errori di Faenza.
Maurizio Cabona
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