Marco Lombardo
Conoscere Reda è scoprire una storia di qualità. Una storia di famiglia, quella dei Botto Poala, che tramanda rigore e passione negli anni. Centocinquanta per la precisione, «e anzi ormai dobbiamo dire 151, quasi ci siamo» spiega l'amministratore delegato Ercole, uno dei quattro cugini che gestiscono l'azienda nel nome del rigore e dell'innovazione. Perché Reda è una filiera tutta fatta in casa, partendo dalle tre fattorie di proprietà in Nuova Zelanda e passando per le aste della lana in Australia che garantiscono il risultato finale di tessuti fatti ad arte nella sede di Valle Mosso, nel Biellese. Un viaggio, una storia appunto, che adesso aggiunge un nuovo tassello nel nome della tracciabilità e della sostenibilità, parole molto in voga nel settore della moda (e non solo) ma che per Reda sono una missione già dall'inizio del Nuovo Millennio. Per questo non stupisce per un marchio che fornisce perfezione ai più grandi nomi del fashion - la decisione di appoggiare con il proprio prodotto le collezioni di due giovani brand, uno dei quali ha sfilato recentemente a New York: «E non solo maschili, come ci si potrebbe aspettare da noi. Con Baja East siamo entrati nella settimana dedicata alla donna».
Ci racconti com'è nata l'idea.
«È per seguire il cambiamento che sta avvenendo nel business della moda. L'Europa è ancora un po' conservatrice e questo a volte è un bene, perché le aziende sono molto solide. Ma se si vogliono aprire gli occhi sulle novità gli Usa sono il posto perfetto».
In cosa consiste il vostro contributo?
«Semplicemente fare ciò che facciamo da anni: innovare. Il consumatore ormai è sempre più attento e partecipe, I valori sono sempre gli stessi ma è cambiata l'esperienza che oggi viaggia sui canali digitali. Per questo deve cambiare anche il linguaggio, ma non il cuore del nostro business».
In che senso?
«Nel senso che tutto ciò che è diventato indispensabile nella moda oggi, noi lo pensiamo da tanto tempo. E abbiamo sempre agito di conseguenza. La tracciabilità appunto, che noi garantiamo da più di vent'anni con la nostra produzione fin dall'altra parte del mondo. E l'innovazione, prenda ad esempio il progetto Rewoolution».
Un'impresa che sembrava impossibile.
«Ecco, riuscire a produrre una linea tecnica sportiva partendo dalla lana a qualcuno sembrava assurdo più che impossibile. E invece il lavoro ha pagato, paga sempre quando sai di poter garantire per quello che fai. Quando puoi certificare i tuoi prodotti».
Il modello Reda è insomma il futuro della moda?
«Diciamo che si sta cominciando ad affrontare la questione in maniera seria finalmente, anche se per molti brand è ancora un puro fatto di marketing. Ma se si parte da questa prospettiva, nel mondo social di oggi si rischia di essere distrutti con un clic».
Sicuro.
«Insomma: bisogna fare le cose per bene, affrontare la questione del welfare e, potrei dire, dell'animal welfare. Reda questa cosa l'ha accettata e messa in pratica da tempo».
Più spazio all'etica, dunque.
«Ma non solo. Sostenibilità vuol dire anche competitività: la popolazione mondiale aumenta, il consumo aumenta, aumenta anche la necessità di acquisire risorse in maniera più efficiente. Noi vogliamo che questo modo di pensare diventi una normalità, perché sennò non si va da nessuna parte. Non solo Reda: tutti. E noi invece vogliamo andare lontano».
Quanto lontano?
«Beh, almeno altri 150 anni. Anzi, dovrei dire 149 ormai».
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