Riserva sorprese e colpi di scena praticamente quotidiani, quasi fosse un «giallo», o meglio ancora un «legal thriller», il processo sulla vicenda Multipurpose in corso a Palazzo di giustizia che vede come imputato principale lex presidente dellAutorità portuale Giovanni Novi. Ieri mattina, il botto, per così dire, lo ha fatto lavvocato Andrea Vernazza che difende lavvocato dello Stato Giuseppe Novaresi, il dirigente dellAuthority Filippo Schiaffino e limprenditore Aldo Spinelli. Ebbene, a giudizio di Vernazza, che sè andato a spulciare rigo dopo rigo non solo la legge 84/94 di riforma della portualità, ma anche le postille successive (sotto forma di decreti legge interpretativi della norma), Giovanni Novi non aveva nessun dovere di presentare in Comitato portuale, per ottenerne il benestare, la pratica di transazione con la Compagnia unica merci varie, transazione che costituisce uno dei capi daccusa a carico dellex numero uno di Palazzo San Giorgio.
Con un decreto legge del 1997 che integra la legge 84/94, infatti - ha sostenuto Vernazza - è stata inserita la cosiddetta «norma di chiusura», o «residuale» che consente al presidente dellAutorità portuale di decidere «per tutto quello che riguarda i poteri non previsti di delibera» del Comitato portuale. E la transazione che riguarda il rimborso alla Culmv rientra appunto - insiste Vernazza - in questo campo, «ai sensi della lettera N bis dellarticolo 8 della legge 84/94». Va da sé, pertanto, che se Novi avesse avuto intenzione di compiere consapevolmente un atto illecito, a proposito dellaccordo con la Compagnia dei camalli, si sarebbe limitato ad approvarlo autonomamente senza portarlo - come invece ha fatto, per ben tre volte - in sottoposizione al Comitato portuale (considerato, appunto, che il Comitato non è competente per deliberare transazioni di questo tipo).
Novi poteva decidere da solo laccordo coi camalli
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