Politica

Una nuova ondata di vergogna

Il governo Prodi, e Romano Prodi personalmente, sono ricorsi a ogni minacciosa pressione e ricatto per imporre al primo ministro afghano Karzai lo scambio dei prigionieri talebani con Mastrogiacomo. Che fossero state usate minacce, urla, parole violente e volgari era stato già rivelato da molte fonti. Ricordo il professor Edward Luttwak raccontare nei dettagli le scene da malavita che vedevano all’opera Prodi invasato da un’arroganza petulante sconosciuta nelle cancellerie dei tempi moderni.
Quell’esibizione ci sta provocando ora una seconda ondata di vergogna dopo la prima, suscitata dalla lettera dei sei ambasciatori che ricordavano all’Italia gli impegni sottoscritti. Adesso ci troviamo di fronte all’ammissione diretta di Karzai il quale, nell’annunciare che «non ci sarà mai più un altro caso Mastrogiacomo», racconta mestamente la sua versione dichiarandosi salvatore del governo italiano. Dice Karzai: «Il governo italiano poteva cadere in qualsiasi momento ed è stato così che, pur sapendo quali sarebbero state le conseguenze, abbiamo concesso la liberazione di alcuni prigionieri talebani e permesso la liberazione dell'italiano». Il povero Karzai si stringe nelle spalle: avevano dato a lui, quei leoni di Palazzo Chigi, la responsabilità di far cadere o salvare il governo Prodi: che cos’altro poteva fare il poveruomo? «L'Italia ha più di 1.800 soldati in Afghanistan e costruiscono le nostre strade: era loro diritto chiedere il nostro aiuto e ottenere una risposta positiva».
Siamo dunque di fronte ad un’altra vergogna: il governo Prodi, che non stava affatto minacciando di cadere per il caso Mastrogiacomo (non più di quanto non minacci di cadere per il solo fatto che il sole sorge all’alba) fra gli strumenti di pressione aveva usato anche questo: se non accettate lo scambio, il governo italiano cadrà facendo crollare l’alleanza e tutto il mondo saprà che è stata colpa vostra. Il povero Karzai mostra il suo imbarazzo, come gli americani una cui fonte diplomatica mi ha detto: «Certo che sapevamo quello che succedeva, ma avevamo deciso di tacere. Non volevamo che gli italiani, dopo averci accusato della morte di Calipari, dopo aver chiesto di processare cittadini americani per Abu Omar, potessero adesso accusarci di aver fatto perdere la vita a un loro giornalista. Vedevamo quello che il governo italiano faceva violentando il governo di Kabul e abbiamo preferito tacere e inghiottire. Ma adesso ci consentirete di avere una certa opinione sull’intera faccenda».
L’opinione sull’intera faccenda è il disprezzo. Il risultato finale è la vergogna per la vecchia lebbra di un’Italietta arrogante, traditrice, piagnona, ricattatoria e miserabile, che cinque anni di governo Berlusconi avevano curato e quasi guarito.

Ora siamo tornati allo stato originario con una politica estera da cavernicoli che mentre agitano la clava mendicano il miracolo talebano da Karzai, come se fosse quello di San Gennaro.
Paolo Guzzanti

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