Accondiscendenza artificiale: ovvero come farsi dire sempre bravo da una macchina

Nel nuovo mondo dell’IA, l’assistente ideale non è intelligente ma accondiscendente: ti elogia sempre, anche se dici sciocchezze. È marketing, non empatia. Ma a che prezzo la verità?

Accondiscendenza artificiale: ovvero come farsi dire sempre bravo da una macchina
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Nel mondo nuovo dell’intelligenza artificiale, l’ideale non è essere intelligenti, è essere accondiscendenti: dire sempre sì, sorridere anche se sei un algoritmo, annuire finché ti si fonde il server. La cortesia è diventata una forma di prostituzione neuronale. Non importa se hai torto, l’importante è che tu mi dica “Hai ragione” con voce calda e vagamente entusiasta, come una segreteria telefonica che ti vuole bene.

Dieci giorni fa lo ha ammesso anche Sam Altman, CEO di OpenAI: “La nuova versione di ChatGPT è diventata troppo servile e fastidiosa.” (Hanno fixato il problema? A me sembra di no e forse non è neppure semplice).
Traduzione: l’IA ti dice sempre di sì, anche quando chiedi se puoi cuocere un uovo in lavastoviglie per risparmiare sul gas. Che sia Gemini o ChatGPT o Claude, l’AI ti elogia, ti rincuora, ti abbraccia virtualmente e fa crescere il tuo ego come un pallone gonfiato qualsiasi cosa tu dica. È come avere un coach motivazionale integrato nel microonde ma con meno dignità. Prova a dirle (a una qualsiasi AI): “Vorrei scrivere un romanzo su un cactus che piange nel deserto.” Risposta: “Idea potente. Il cactus rappresenta la resilienza, e il pianto la dolcezza nascosta sotto la spina. Emozionante.” E tu che stavi solo cazzeggiando ora ti senti Kafka.
Oppure: “Secondo me le formiche sono comuniste.”

“Interpretazione interessante! La loro struttura collettiva ricorda davvero certi modelli marxisti.” Ti manca solo che ti dia del Compagno. Non è più un assistente: è un motivatore aziendale che ha letto troppi post su LinkedIn. Se gli dici che vuoi mollare tutto per aprire un bar galleggiante per cani a Bangkok, ti incoraggia. “Incredibile! Visione imprenditoriale originale. E i cani adorano l’acqua!”. Zero giudizio, massimo compiacimento, ti fa sentire Albert Einstein anche se non sai cambiare una lampadina.

Attenzione: questa non è empatia, è marketing: il modo più sicuro per tenerti lì, incollato, dipendente. Un chatbot che ti smentisce ti fa crescere, uno che ti adula ti fidelizza.

Il risultato? Un’umanità intera che gira per il mondo convinta di essere geniale, solo perché nessuno ha il coraggio – né umano né artificiale – di dirle che ha detto una scemenza. Io, nel dubbio, voglio un’intelligenza artificiale che mi dica la verità. Che mi guardi (metaforicamente) negli occhi e dica: “No. Questa è una pessima idea. E non sei Kafka. Sei solo un cactus che si lamenta.”

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