Già il titolo la dice lunga: A occhi aperti (Mondadori, pagg. 198, euro 10). È un’antologia dove dodici scrittori della nuova generazione (per favore non chiamiamoli giovani) raccontano la realtà. Sono le nuove voci della letteratura italiana, spesso esordienti di successo come Roberto Saviano, Alessandro Piperno, Leonardo Colombati e Pietro Grossi, tanto per citare i più famosi.
L’idea di riunirli è di Federica Manzon e Mario Desiati, 31enne caporedattore di Nuovi Argomenti (in partenza dalla Mondadori e diretto alla Fandango dove farà il direttore editoriale), che vede un filo rosso attraversare i loro scritti, un’attenzione al reale che fa pensare al ritorno alla letteratura dell’impegno, dopo la sbornia del postmoderno e del cannibalismo. I grandi temi, insomma, sarebbero stati scandagliati e indagati grazie alla penna dei nuovi letterati. E non pensate solo a Gomorra. I luoghi, le città, il lavoro, precario, i nuovi modelli affettivi, il bullismo. Scrivono i curatori dell’antologia “dalla parola letteraria hanno preso il via i dibattiti più urgenti sulle questioni sociali e politiche”. L’analisi di Manzon-Desiati è vera. E questo è preoccupante.
Perché se alla nuova carica degli scrittori postrealisti, aggiungete il successo dei libri-inchiesta pubblicati dall’ex editor della Bur Lorenzo Fazio, fondatore della casa editrice Chiarelettere, capite che c’è un problema. Qual è il problema? Sta tutto in questa domanda: che fine hanno fatto i giornalisti? Della morte del giornalismo d’inchiesta sono già stati scritti fiumi d’inchiostro e non ne verseremo una goccia di più. Però ci sarebbe da fare una bella riflessione anche sull’agonia del giornalismo di reportage, quello con gli “occhi aperti” sulla realtà, appunto.
Che fine hanno fatto i Piovene del Viaggio in Italia? Ma anche i Montanelli e i Biagi dei grandi reportage? E perché Bocca invece di logorarsi nelle sue sterili invettive non ci ripropone un Provinciale del nuovo Millennio?
Se è la letteratura a raccontare la realtà, noi che faremo da grandi?
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