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nuovi miti

È ufficiale. A salvare l’Italia sarà l’Uomo ragno, sempre che non lo abbiano già ucciso. La guest star della manifestazione del Partito democratico del 25 ottobre sarà l’ex 883 Max Pezzali che sul presunto omicidio del super eroe fondò la sua prima fortuna. Piatto forte di «Musica al circo massimo», intrattenimento pre comizio, accanto ai meno sbandierati Orchestra di Piazza Vittorio, creatura musicale multietnico-romana e Fabrizio Moro, giovane cantautore impegnato. Quasi un intruso, Pezzali.
Rapporto complicato quello tra le varie incarnazioni della sinistra e la musica. Dalle canzoni partigiane ai cantautori anni Settanta, fino al pop più effimero, l’importante è il messaggio. O meglio, adattare il messaggio alle esigenze del momento, perché i tempi cambiano, ma il principio rimane lo stesso: tutto è politica.
Raccontano che negli anni Ottanta Veltroni interrogasse i funzionari di Botteghe oscure sul beniamino di quei tempi, Francesco De Gregori, e arrivasse ad accompagnarli personalmente alla libreria Rinascita affinché comprassero l’intera discografia, quando li trovava impreparati. Ma i tempi cambiano. L’autore della Donna Cannone e di Generale è diventato ultrariformista e non lo ha nemmeno sostenuto alla primarie. Gente infedele i musicisti italiani. Sarà per questo che nel 1989 Achille Occhetto impose a un segretario austero come Alessandro Natta, Sting. Scelta confermata da Veltroni al congresso Ds del 2000.
Con i tempi che corrono, deve avere pensato il segretario del Pd, sarà meglio puntare su un sano pop nazionale, magari suonato da un lumbard doc. Forse Veltroni si è convinto che alcune canzoni di Pezzali e degli 883 possano essere utili a veicolare un qualche messaggio sociale. Con piccoli ritocchi, ad esempio, «con un deca non si può andar via, non ci basta neanche in pizzeria» si può riconvertire in uno slogan contro la social card del governo Berlusconi. Suggeriamo: «Tremonti, 40 euro al mese sono pochi». Con qualche sforzo Regina del celebrità» «bella, magnifica, senza un’età», amarcord di una cotta preadolescenziale per una cubista, può diventare un combat rock contro il modello culturale berlusconiano. E, chi lo sa, proprio Hanno ucciso l’uomo ragno potrebbe diventare una ballata antimafia. D’altro canto i principali indiziati dell’omicidio sono quelli «della mala».
Tutto fa brodo; l’importante è che le scelte siano ponderate. Negli anni Novanta il pop italico divenne addirittura una questione fondante. Per qualche settimana tutti si interrogarono su quale sarebbe stato l’inno più adatto all’Ulivo di Romano Prodi: Penso positivo di Jovanotti, sponsorizzato da Veltroni, oppure la Canzone popolare di Ivano Fossati? Serviva una sintesi tra le due culture politiche che si stavano unendo; passo la seconda. Perfetto il ritornello: l’enfatico «Alzati che si sta alzando, la canzone popolare», utile a risvegliare ex comunisti ed ex Dc con un aggettivo comune. Profetico il seguito: «Se c’è qualcosa da capire, ce lo dirà se c’è qualcosa da imparare ancora, ce lo dirà». Che può sembrare: ma ce l’avrà poi veramente qualcosa da dire questa canzone?
Certo, Veltroni non può vantare un inno personale, come La vita da mediano di Ligabue che sembra ritagliata addosso a Romano Prodi. Ci ha provato con Mi fido di te di Jovanotti, tormentone della campagna elettorale Pd. È andata male. Forse quel «cosa sei disposto a perdere» del ritornello è stato interpretato come l’annuncio di nuove tasse. E anche il cortonese Cherubini è stato archiviato.

Ora tocca a Pezzali e solo il tempo ci dirà perché è toccato a lui lo sdoganamento. Forse il leader democratico ha sentito il ritornello dell’ultimo successo: «Ritornerò, hooo». Che può suonare come un avvertimento per chi, come dicono le malelingue, dentro il partito già punta a fargli le scarpe.

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