Il nuovo Adamo degradato dalla tv

Il nuovo Adamo degradato dalla tv

Enrico Groppali

Tra le novità di palcoscenico che, numerose, affluiscono dagli Usa, La forma delle cose di Neil Labute rappresenta, accanto all’inedita Magda and Callas dell'italo-americano Albert Innaurato e a Good night Desdemona, good morning Juliet di Anne-Marie McDonald, uno degli attacchi più acidi e vibranti alla civiltà dell’immagine che ossessiona l’american way of life. Anche e soprattutto perché l'autore fino all’ultimo non scopre le sue carte.
Solo al termine, infatti, della parabola di Adam, il suo sfortunato portavoce, Labute spara con cinismo le sue cartucce. Lasciando che, tra le pieghe di un copione dedicato ai teneri screzi di coppia, si affermi il culto necrofilo dell’immagine propagato dai media. Che tutto travolge quando lo studente (e cicerone part time) Adam, cui Lorenzo Lavia presta una dizione asciutta e recisa e un fisico a tratti impacciato e a tratti di sorprendente maturità scenica, si scontra con Evelyn, ragazza dagli spavaldi modi da maschiaccio che, pur di far carriera, non esita di fronte a nulla e a nessuno.
Presto i due diventano inseparabili, metton su casa insieme e condividono ambizioni e speranze con la coppia complementare degli amici di lui: il Philip scanzonato e ciarliero di Fulvio Pepe e la sdolcinata Jenny di Ilaria Fallini.
Ma Federica Di Martino che, nelle vesti di Evelyn, sfoggia una grinta da femminista arrabbiata, come un’Erinni insinua poco per volta nel compagno il germe insidioso della sottomissione.
Una tattica, la sua, sapientemente collaudata per travolgere le resistenze del compagno-cavia tramutando lo spaurito travet dell’inizio in un boy friend votato a stravincere nella megalopoli del denaro.
Ma Evelyn agisce in tal senso non per amore ma per promuovere, medium la tecnologia digitale, la propria carriera di artista visual risolta nell’esibizione di Adam: scultura vivente voluta, progettata e modellata come perfetto esempio del nuovo homo sapiens di successo.
E poco importa, ai suoi occhi, che ad esperimento concluso l’innamorato respinto si rassegni, ridotto a un’ameba, ad ammirare su un video l’immagine cui Evelyn ha ridotto il suo corpo umiliandone la mente...

In un assolo di sbalorditiva tensione, Lavia junior rannicchiato in posizione fetale contempla il flash irrisorio del suo corpo mentre le luci si abbassano su un Sogno Americano contaminato dall’atavica maledizione dell’horror.
Dove la dizione «forma delle cose» allude a una registrazione a circuito chiuso e il nuovo Adamo soccombe davanti alla tv, tristissima degradazione dell’Albero della Conoscenza.

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