Nuovo appello del Papa ai cattolici: «Fede e ragione devono integrarsi»

Messaggio al convegno di «Magna Carta» dove si parla di fondamentalismo e «sindrome di colpevolezza dell’Occidente»

da Roma

Non scuse ma precisazioni. Non un attacco all’Islam ma un invito al dialogo interreligioso. Così, dopo il discorso di Ratisbona che tanto ha fatto infuriare i fondamentalisti islamici, Papa Ratzinger prosegue sulla stessa linea tracciata in Germania. Una nuova conferma arriva dal convegno sul tema «Religione e spazio pubblico» organizzato ieri a Norcia dalla Fondazione Magna Carta.
In pochi si aspettavano che il Pontefice sarebbe nuovamente intervenuto sull’argomento in un momento così delicato. Tanto meno davanti a una platea come quella della Fondazione ispirata da Marcello Pera e inclusa nella «lista dei fiancheggiatori dell’imprudenza» del Papa. In fondo, il think-tank ha organizzato l’incontro di Norcia anche per ribadire che «le élite intellettuali e politiche dell’Occidente soffrono di una sindrome di colpevolezza nei confronti del fondamentalismo islamico».
E invece il segnale del Santo Padre è arrivato. Tramite un telegramma affidato al neosegretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. «Esprimo vivo apprezzamento - scrive Benedetto XVI - per un’iniziativa tesa a promuovere l’integrazione tra fede e ragione per qualificare eticamente la sfera pubblica». Il controringraziamento di Magna Carta giunge pochi minuti dopo. «Il fatto che il Papa sia tornato sull’argomento in un momento così delicato - scrivono - è per noi un prezioso incoraggiamento ad andare avanti».
L’apprezzamento del Papa guarda ai contenuti delle relazioni che si sono succedute sul palco della cittadina umbra. Con un discorso preparato prima del contestato intervento del Pontefice a Ratisbona (e quindi sulla stessa linea di quello che ha scatenato le reazioni del mondo musulmano), l’arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, spiega la posizione del Vaticano. «La prospettiva cattolica deve essere veramente universalista - sottolinea il porporato - e non come altre religioni che spesso non rispettano i criteri di reale rispetto reciproco». E, dopo aver ribadito il «no all’aborto, ai Pacs e agli interventi genetici non terapeutici («il semplice fatto di essere un individuo appartenente alla specie umana basta per porre in essere la sua indisponibilità etica e giuridica»), l’alto prelato parla del ruolo dei cristiani nella vita pubblica. «Slogan come libera Chiesa in libero Stato sono ormai obsoleti - precisa - laicità significa libertà religiosa, distinzione tra reato e peccato. Oggi la laicità dello Stato non può più significare indifferenza della politica verso la religione e viceversa». Un concetto che Pera affronta così: «La presenza della religione nella sfera pubblica non implica né il rifiuto dello Stato laico, né il rifiuto della separazione Stato-Chiesa. La sana laicità - prosegue - è la consapevolezza di un limite da non varcare per non incorrere nell’intolleranza. Ma anche la disponibilità a fissare quel limite per non incappare nell’eccesso di tolleranza». Poi l’ex presidente del Senato lancia un appello alle nostre radici religiose. «Occorre che la tradizione cristiana torni a giocare un ruolo nella vita pubblica per non perdere lo scontro con coloro che proprio questa tradizione hanno eretto a bersaglio. Noi - conclude Pera - siamo figli del cristianesimo e se lo respingiamo non siamo più figli di nessuno».
Le relazioni di Caffarra e Pera si incrociano su un punto che, soprattutto in questo momento storico, è causa di forti tensioni. L’arcivescovo sottolinea che il fondamentalismo è «il sequestro puro e semplice di ogni realtà dentro l’esperienza religiosa che colonizza tutto». Pera, invece, analizza e attualizza le conseguenze dell’enunciato di Caffarra. «Una gran parte dell’Islam è oggi fondamentalista e pericolosa. Il cristianesimo, invece, non lo è più da tanto tempo. E noi - osserva il senatore - di fronte agli islamici abbiamo sviluppato una sindrome di colpevolezza che ci porta a credere che tutto ciò che accade di peggiore, compreso il terrorismo, sia provocato da azioni e responsabilità nostre».
Passata la bufera, oggi le polemiche nate in terra tedesca potrebbero trasformarsi in un propellente per la riflessione tra religioni.

Domani Benedetto XVI incontrerà a Castel Gandolfo gli ambasciatori dei Paesi a maggioranza musulmana e gli esponenti delle comunità islamiche in Italia. «È un passo fondamentale verso il dialogo interreligioso». A dirlo è Albert Yelda, ambasciatore iraniano presso la Santa Sede.

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