Sono ancora lì gli sfollati del Residence Roma, nellimmobile sulla Cassia assegnato loro dal Campidoglio. «Una sistemazione provvisoria», aveva promesso il vicecapo di Gabinetto del sindaco Veltroni, Luca Odevaine. Peccato che a quasi un anno di distanza da quel 2 marzo 2006 in cui ci fu lo sgombero delle palazzine C ed E del comprensorio di Bravetta simbolo dellemergenza abitativa, la situazione di disagio sociale sia in drammatico peggioramento. Una parte delle famiglie costrette ad abbandonare il «Roma» venne sistemata in un immobile di via Monte Carotto, a San Basilio. Altri 71 nuclei finirono nel residence di via Nicola Tagliaferri, in zona Giustiniana, poco dopo lo svincolo sul Gra. Tra questi, come accade spesso, gente perbene ma anche molti casi «difficili». E fu proprio la scelta della Giustiniana a suscitare le forti proteste dei residenti e dellopposizione. Proteste che sfociarono in manifestazioni di piazza e in un incontro con il prefetto capitolino, Achille Serra, al quale parteciparono lallora candidato sindaco del centrodestra, Gianni Alemanno, e il presidente del XX municipio, Massimiliano Fasoli. Ma dopo liniziale trambusto, sulla vicenda è calato il silenzio.
Dodici mesi dopo, in quello che prima era un tranquillo comprensorio la tensione sociale è alle stelle. Furti nei supermercati della zona, intensificazione dei posti di blocco e continue «visite» dei carabinieri nel residence, dovute sia alla presenza di soggetti agli arresti domiciliari che al susseguirsi di episodi di microcriminalità che - racconta qualcuno - lestate scorsa sarebbero sfociati in un conflitto a fuoco tra inquilini del residence e forze dellordine. E ancora, sputi sulle macchine parcheggiate davanti al complesso, considerata «proprietà privata» dai nuovi inquilini.
Per comprendere i motivi del malcontento iniziale basta citare i termini del contratto stipulato dal Campidoglio con la «San Vitaliano 2003 srl», proprietaria dellimmobile. Per ogni famiglia alloggiata nei miniappartamenti di 35 metri quadrati, lamministrazione comunale simpegnò a pagare 2.138 euro al mese tra spese daffitto e di gestione, per un totale annuo di 1 milione e 822mila euro: 1 milione e 120mila euro per laffitto delle 71 unità abitative e ben 702mila euro per la prestazione dei servizi che garantiscono la funzionalità dellimmobile (portierato, vigilanza, pulizia delle parti in comune, giardiniere, manutenzione). «La durata della locazione - si legge ancora - è fissata in sei anni con decorrenza dal primo marzo 2006 e sintenderà tacitamente rinnovata, una sola volta, in mancanza di disdetta di una delle parti contraenti». Un alloggio provvisorio nelle dichiarazioni dintenti quindi, ma nei fatti un contratto di sei anni.
Cifre esorbitanti sulle spalle dei contribuenti a condizioni quantomeno discutibili. Specie in relazione allo stato dellimmobile, privo dellabitabilità e costruito in unarea di proprietà del consorzio «Case e campi», con la sola autorizzazione per «la realizzazione di opere in cemento armato» e senza rispettare volumetrie, cubature, distacchi, configurandosi di fatto come abusivo. Quando sono arrivati gli sfollati il cantiere era ancora aperto, cera lacqua ma niente luce e gas. Una mancanza cui si è ovviato per mesi con un enorme generatore di corrente dai consumi facilmente immaginabili. Di altri requisiti di sicurezza neanche a parlarne. Come abbia fatto la «San Vitaliano» ad aggiudicarsi la gara resta un mistero.
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