Obama ora punta al compromesso sulla sanità

Sono le occasioni che Obama predilige: un podio, un microfono, una folla in ascolto. E un discorso scalpellato accuratamente, ma letto con l’enfasi del grande attore, che recita ma dà l’impressione di parlare a braccio. Il presidente degli Stati Uniti ha difeso a spada tratta il progetto che più gli sta a cuore, quello della riforma sanitaria, ma che da mesi incontra un’opposizione furibonda; perchè l’America non è l’Europa e rifiuta il concetto di Sanità pubblica, garantita a tutti; ma soprattutto perchè gli interessi economici sono giganteschi e la propaganda dei medici, delle cliniche, dell’industria farmaceutica implacabile.
Nell’intervento trasmesso in diretta tv nell’ora di massimo ascolto, Obama ha tentato di smontare quelli che ha definito i falsi miti, le percezioni sbagliate, la disinformazione diffusa dalle società di Pubbliche relazioni reclutate dalla lobby della Sanità privata. Ha tentato di chiarire le idee agli americani e di placare le ansie, ma ha evitato di imporre ultimatum o di tracciare una linea rossa. Bush intimava ai rivali: «O con me o contro di me». Obama, nonostante sia stato eletto cavalcando la retorica del cambiamento, è un uomo di compromesso, che ama limare, smussare, conciliare. Ed è un leader pragmatico, che ieri sera era consapevole di non avere i numeri per superare le resistenze del Congresso, nonostante la doppia maggioranza democratica alla Camera e al Senato.
Di fatto il progetto, nella sua forma originale, è già fallito. Ma Obama non può ammettere la sconfitta ed è costretto a passare al piano B ovvero a varare una riforma che sia accettabile anche dai centristi del suo partito e, possibilmente, anche da qualche repubblicano. Non a caso ieri ha ripetuto di essere aperto «a nuove idee», senza pregiudizi, nè contrapposizioni. Auspica il dialogo, che in realtà è già in corso.
Obama potrebbe rinunciare a un sistema pubblico, ma insisterà affinchè tutti gli americani abbiano una copertura assicurativa: i più poveri, gli anziani, ma anche le famiglie della classe media, che oggi spesso rinunciano alla polizza, anche quando potrebbero permettersela e che invece in futuro potrebbero essere costrette a sottoscriverla, pena il pagamento di multe salatissime. Il nuovo piano costerebbe 900 miliardi di dollari in dieci anni e potrebbe essere finanziato con nuove tasse a carico dell’industria sanitaria; in compenso il governo americano rinuncerebbe a creare una Cassa pubblica e dunque a far concorrenza a quelle private.
Non è detto che il tentativo, promosso da Max Baucus, presidente della Commissione finanze del Senato, vada in porto. Il rischio è che non venga votato proprio dai liberal ovvero dall’ala sinistra del Partito democratico; sarebbe come se Berlusconi ottenesse l’approvazione di una legge con i voti di tutti i partiti, tranne che dell’ala che fa capo alla vecchia Forza Italia.


Con il discorso di ieri, Obama mirava soprattutto a riconquistare visibilità e autorevolezza, per dimostrare ai suoi oppositori che il popolo americano è disposto ad ascoltarlo, e a seguirlo, nonostante il livello di popolarità sia crollato ai minimi dal gennaio scorso. È una battaglia d’immagine, perchè l’immagine, nell’era della comunicazione, significa potere, garantisce influenza, quella che Obama ha improvvisamente smarrito.

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