Maria Grazia Grippo
da Torino
Al ministro debbono l'obbedienza, ma ai cinque anni trascorsi a lavorare sulla pillola abortiva non intendono far mancare l'ostinazione. Di fronte all'alt di Storace, dunque, i ricercatori torinesi non si arrenderanno. «Domani (oggi, ndr) sarò a Bologna, al congresso della Sigo, la Società italiana di ginecologia e ostetrica - ha tuonato Franco Mascherpa, padre, assieme a Silvio Viale, della sperimentazione sulla Ru486 - e dal palco chiederò ai colleghi di prendere una posizione netta su questo caso. Dovranno strapparmi il microfono di mano». Mascherpa come Viale e gli altri all'ospedale Sant'Anna sono pronti alla controffensiva. «Obbedisco, ma la sospensione dell'aborto farmacologico deve avere motivazioni valide e credibili», afferma Viale. Ai medici non basta una semplice comunicazione, neppure con il valore inattaccabile dell'ordinanza firmata da un ministro. «Non sono uno sperimentatore clinico da ieri - si è sfogato Mascherpa -, le obiezioni che ci vengono mosse da Roma sono formali. Ci dicono che siamo andati fuori protocollo perché una signora ha subito lespulsione del prodotto del concepimento a casa e non in ospedale, ma nelle migliaia di pagine di documentazione date agli ispettori era chiaramente indicato che qualche volta può succedere. Non solo, dimostriamo anche che non c'è nessun pericolo». E a conferma ci sarebbero i venti aborti portati a termine negli ultimi quindici giorni prima dello stop di Storace «senza la minima complicazione», secondo Viale, «a dimostrazione che non c'è alcun rischio per la salute delle donne come invece temuto dal ministro». Intanto all'azienda ospedaliera di cui il Sant'Anna fa parte stanno ancora aspettando la comunicazione ufficiale sulla sospensione del progetto. «Prima di prendere delle decisioni vogliamo leggere l'ordinanza nella sua interezza - ha spiegato il direttore sanitario Vito Plastino -, non possiamo ragionare sulle note giornalistiche. Vogliamo capire se le contestazioni sono di natura sanitaria o se riguardano le procedure e quindi più facili da superare». La stessa ordinanza verrà analizzata lunedì dal Comitato etico della Regione che ha dato l'autorizzazione ai test nel novembre del 2002 «e - ha anticipato Viale - se i problemi sono solamente organizzativi la sperimentazione potrà riprendere». Sulla strada della battaglia promette di muoversi anche la Regione, che ha sposato il malcontento dell'ospedale. «Siamo sconcertati di fronte a una simile decisione - ha detto l'assessore regionale alla Sanità, Mario Valpreda -. Il via libera del ministero infatti era già arrivato e tutte le procedure previste dal protocollo sono state rispettate». Di segno opposto la posizione dei medici cattolici torinesi, da sempre contrari all'utilizzo della pillola abortiva.
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