«Obbligati a passare col rosso permissivo»

Marzio Fianese

«Quanto accaduto ieri potrebbe risuccedere anche domani, anche oggi, anche in questo stesso momento». La denuncia, forte, arriva da un macchinista delle metropolitane. «Stanno nascondendo la verità - spiega all’agenzia di stampa Dire - e io e la stragrande maggioranza dei miei colleghi siamo convinti che spariranno anche le registrazioni di martedì». Il macchinista, preferisce restare anonimo «perché ci è stato imposto il silenzio». «Negli ultimi mesi - è la sua ricostruzione dell’incidente - è aumentato il servizio a discapito della sicurezza. Da un po’di settimane camminano sulla linea A circa 33 treni contemporaneamente. Il servizio è migliorato, perché viaggia circa un treno ogni 90 secondi, mentre prima c’era un treno ogni 3 minuti. Però, significa disattivare il sistema di sicurezza, denominato “train stop”. Quando iniziamo il servizio troviamo i sistemi già disattivati». Il macchinista entra nel dettaglio. «Il sistema - afferma - prevede due semafori tra una stazione e l’altra. I rossi, di fatto, sono sempre “permissivi” per fare stare i treni in orario. Se un macchinista non vede o buca il primo segnale rosso e continua, c’è il secondo e se si supera anche quello il treno dovrebbe fermarsi automaticamente. Ma non avviene perché col sistema disattivato si chiama la centrale che dà sempre l’ok e a quel punto si naviga a vista. Il secondo rosso dovrebbe essere imperativo: una volta superato non puoi sapere dove si trova il treno che ti precede, se è avanti di 100 o di 10 metri. Ed è quello che potrebbe essere successo martedì». E se un macchinista non volesse disattivare il sistema di sicurezza a bordo? «Lo stress diverrebbe insostenibile - risponde -. Se, per esempio, marciamo troppo lentamente a vista, via radio ci chiamano “lumaca” e ci incalzano, perché “mi stai ammucchiando tutti i treni dietro”». Il macchinista, con amarezza, si dice convinto che «alla fine la responsabilità di quanto avvenuto la daranno al nostro collega. Met.Ro. ci costringe a fare quello che facciamo per il tipo di contratto che ha con il Comune e per mostrarsi efficiente. Tutti sapevano e sanno che prima o poi sarebbe successo qualcosa ma sono convinti che il rischio valga la candela. E la cosa più grave è che le indicazioni nella giornata di oggi (ieri, ndr) non sono cambiate, nessuno ci ha detto di attivare i sistemi di sicurezza». Dai colleghi di Angelo Tomei, il macchinista alla guida del Caf che ha tamponato l’altro treno fermo in stazione, emergono altri particolari utili all’inchiesta. «La vettura 311, la stessa che ha urtato il convoglio alla Stazione Vittorio Emanuele, ebbe un problema durante la fase di collaudo, ai freni. Finì su un muretto di contenimento nel deposito di Osteria del Curato». A parlare è un veterano dei macchinisti, in forze al trasporto pubblico romano dal ’79.

Pure lui vuole rimanere anonimo ma non risparmia particolari: «Questo stesso episodio - continua - mi hanno riferito sarebbe stato raccontato oggi (ieri, ndr) al magistrato dal macchinista che si trovava sulla vettura tamponata». Met.Ro. dal canto suo fa sapere che «la verifica di funzionalità degli impianti di sicurezza effettuata subito dopo l’incidente ha permesso di constatare l’inesistenza di anomalie».

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