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Occhipinti: copiare il modello francese

Occhipinti: copiare il modello francese

da Roma

Andrea Occhipinti, da produttore e distributore navigato, può dirci come ottimizzerebbe le risorse del cinema italiano, visto che i tagli della Finanziaria sembrano letali, per lo spettacolo?
«Basterebbe diventare un po’ nazionalisti e molto protezionisti».
In che senso?
«Nel senso della Corea e della Polonia. Due paesi che incentivano il prodotto cinematografico interno, con incremento immediato».
Negli ultimi tempi, però, gli incentivi statali italiani sono andati a pellicole neanche distribuite nelle sale e delle quali, comunque, il pubblico non sentiva la mancanza...
«È vero, ma preferirei non generalizzare. Invece di fare il solito piagnisteo sui tagli, sarei dell’idea di guardare vicino a casa nostra, alla Francia che, concretamente, applica la tassa di scopo e va avanti con risultati soddisfacenti».
In che cosa consiste, esattamente, la tassa di scopo?
«In pratica, tutto il sistema audiovisivo, che so, dall’homevideo ai telefonini e così via, sopporta un prelievo sul biglietto del cinema. Tali prelievi, poi, non vanno al ministero delle Finanze, ma vengono convogliati in un fondo del Centro nazionale della cinematografia, totalmente svincolato dal sistema della tassazione statale. Sicché l’intera filiera dell’audiovisivo finisce col finanziare il cinema».
Il modello francese potrebbe applicarsi al nostro cinema?
«Sostanzialmente no. Perché i finanziamenti francesi non vanno a tutti, in modo indiscriminato, ma solamente al cinema indipendente».
Perché? Finiti i Ponti, i Rizzoli e i Cristaldi, produttori all’antica, quasi artigiani, che finanziavano un film dalla a alla zeta, non abbiamo più produttori indipendenti?
«Quando, perlomeno in Francia, si parla di produttori indipendenti, si intendono società non collegate alla televisione. Da noi c’è Nanni Moretti, per esempio. Che può definirsi indipendente. Come Aurelio De Laurentiis. Vengo ora dalla manifestazione al Capranica contro i tagli allo spettacolo e sono entusiasta del suo intervento».
Che cosa ha detto De Laurentiis, di così entusiasmante?
«Silvio, ricordati che hai cominciato dal cinema. Non dal mattone. Silvio, non ci abbandonare».
Non crede che il protezionismo del prodotto nazionale infiacchirebbe il cinema italiano?
«Il talento supera ogni ostacolo. Dico soltanto che, a livello europeo, non mancano modelli cui riferirsi, per uscire dalla crisi. La Danimarca, piccola com’è, ha più finanziamenti statali di noi. Mi chiedo perché in Italia sia stata abolita la tassa sul biglietto. L’imposta sullo spettacolo aiutava la baracca».
Zeffirelli sostiene che prima si fa tabula rasa, dopo si vede chi ce la fa, in base ai talenti personali. Dissente?
«Sì. Da una parte, non è giusto che gli amici degli amici abbiano accesso ai fondi statali. E spesso si sono finanziate cose inutili. Dall’altra, sono in gioco migliaia di posti di lavoro. La manifestazione di ieri era imponente, perché lo spettacolo è andato ko».
Facendo l’esame di coscienza, non è che anche il mondo dei produttori, che lei rappresenta, ha i suoi demeriti?
«Noi non vigiliamo abbastanza. Per esempio la legge 122, varata dal governo di sinistra, prevede una percentuale d’investimento sul cinema, fatto dalla tv pubblica. Ma la tv manda in onda i film alle tre di notte, invece in prima serata c’è il reality o un film Usa. In Francia la legge stabilisce che dev’esserci una quota di film da passare in prime time. Da noi, persino le miniserie tv vengono considerate film!».


La manifestazione di ieri servirà a qualcosa?
«Me lo auguro! Il cinema va difeso in tutta la filiera, non soltanto in sala e nella distribuzione».

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