Milano - In tempi ancora non sospetti, quando pochi si azzardavano a far pronostici sui tempi di uscita dalla crisi né, tantomeno, osavano parlare di «germogli di ripresa», alcuni economisti avevano sostenuto che l’Italia sarebbe stata tra i primi Paesi a uscire dall’imbuto della recessione. Merito, dicevano, di un sistema-Paese sostanzialmente sano, in cui la prudenza aveva tenuto le banche alla larga dagli asset tossici e le famiglie dai debiti. Adesso, è l’Ocse a ripetere nella sostanza le stesse cose.
Con il sostegno delle cifre del Superindice di aprile, l’organizzazione parigina parla di «possibile svolta» del ciclo economico, di termine del periodo recessivo e di «punto più basso della decrescita che potrebbe essere già stato raggiunto» dalla Penisola, oltre che dalla Francia, dal Canada e dal Regno Unito. In un quadro generale «ancora debole», caratterizzato negli Usa, in Germania e Giappone da segnali positivi comunque insufficienti «per poter affermare se si tratta di un’inversione di tendenza temporanea o durevole», l’Italia è il Paese che esce meglio dall’esame del leading indicator, la «spia» di possibili inversioni del ciclo economico. Rispetto all’incremento medio dello 0,5% registrato nella zona Ocse, il nostro Paese ha messo a segno l’incremento più vistoso (2,1 punti), con la quota complessiva ormai a un soffio da 100 (93,2 per la zona Ocse, 92,4 per il G7).
E anche il confronto con lo stesso mese dello scorso anno, impietoso nel dato d’insieme (-8,3 punti) e per quanto riguarda Eurolandia (-6,3), indica una flessione contenuta per l’Italia (-0,6), alla quale l’Ocse si riferisce usando il termine «though», ovvero la parola con cui viene definito il punto di snodo tra una contrazione e un’espansione dell’economia. Ad aprile, dopo l’Italia, il Paese del G7 che ha registrato il più forte aumento del Superindice è stato la Francia (+1,2 a 99 punti ma -1,2 su 12 mesi) seguita dal Regno Unito (+0,7 a 97,4 punti ma -4,2 su un anno), il Canada (+0,4 a 93,6 punti e -7,6 su 12 mesi), Stati Uniti (+0,2 a 90,9 punti e -10,8 su un anno) e la Germania (+0,1 a 90,3 punti e -13,4 su 12 mesi).
Quanto alle prospettive del ciclo economico, l’Ocse prevede una «possibile stasi» per Canada, Francia e Regno Unito e ancora rallentamento per Germania, Giappone e Usa. Nel tentativo di affrettare l’uscita dalla crisi, Barack Obama cerca di incidere sul tasso di disoccupazione, ormai lievitato al 9,4%. Il presidente Usa ha annunciato ieri le nuove misure con cui intende creare 600mila nuovi posti di lavoro durante l’estate attraverso opere di ammodernamento delle infrastrutture e lo sblocco di somme destinate a programmi di interesse pubblico, come l’assistenza nei centri sanitari o l’assunzione di nuove insegnanti.
Il mercato del lavoro è forse il nervo più scoperto per Obama: da quando il piano di stimolo da 787 miliardi ha ricevuto il via libera dal Congresso, sono andati perduti 1,6 milioni di posti di lavoro, facendo così salire a sei milioni gli impieghi bruciati dall’inizio della recessione (fine 2007).
«Ci troviamo nella posizione di accelerare il nostro piano di ripresa», ha spiegato il leader statunitense. Secondo il quale la recessione è ancora «molto profonda» nonostante alcuni «segnali positivi» e ci vorrà «parecchio tempo» per uscirne.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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