Gli Ogm italiani sono in bilico fra due ministeri

Egregio Dott. Granzotto, ho letto la lettera del ministro Zaia nel suo «Angolo» e vorrei aggiungere alcune considerazioni. Va bene per la prudenza e nessuno pensa che gli Ogm possano risolvere tutti i problemi (ma forse un aiutino potrebbero darlo). Quello che trovo assolutamente imperdonabile è che in Italia siano stati bloccati anche gli studi e le sperimentazioni in questo campo. Tra gli argomenti degli anti-Ogm vi è questo: le cattive multinazionali sono padrone dei brevetti. Se noi, che in questo campo non eravamo gli ultimi, rinunceremo a ricerche e sperimentazioni, quando, tra magari 20 anni, ci risveglieremo da questa sbronza di luddismo ci troveremo certamente in condizioni di totale dipendenza da quanti nel frattempo hanno continuato a progredire e hanno acquisito brevetti. Possibile che quello che è accaduto nel campo del nucleare si ripeta tal quale in agricoltura? Nessuno ha imparato niente? Sembra che si voglia evitare di scoprire di aver fatto una scelta sbagliata, seguendo gli umori ultraconservatori di certi ambienti agricoli. Non sempre i metodi della nonna meritano di essere conservati!
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Bah, io li vorrei conoscere questi ambienti agricoli ultraconservatori che pur di tirar su il loro mais come ai bei tempi di nonna Speranza sono disposti - e anzi ci godono - a guadagnarci due lire, quando non a perderci. Non loro, ma il politicamente dominante partito preso contro gli Ogm ci taglia fuori, caro Baralis, condannandoci alla dipendenza perfino in agricoltura. Anche se nell’immaginario ideologico anti Ogm i «padroni» delle sementi transgeniche restano le mai tanto deprecate multinazionali americane accusate, sciolte o all’ingrosso, di avvelenare o di depredare o di affamare l’umanità («Fanno pagare ai poveri contadini le loro sementi!» urlano i dervisci ambientalisti. Ma perché, c’è qualcuno che le regala?), è da un pezzo che chi può si fa le sue. Dove l’ottusità ambientalista non è al potere ci si è presto rimboccati le maniche e messo al lavoro i ricercatori. L’elenco di chi produce in casa il seme transgenico è lungo, ma solo per restare alla patata (per l’industria non alimentare) Amflora della quale si discorreva con il ministro Zaia e alla quale noi ovviamente abbiamo opposto un niet categorico, essa è targata Basf. Multinazionale ovviamente, ma tedesca.
Che poi, caro Baralis, non è che da noi la sperimentazione sia vietata, è solo bloccata. La storia è questa: la sperimentazione in campo degli Ogm fu autorizzata ben sette anni fa con un acconcio decreto legislativo. Autorizzata ma non praticata - in politica mai dire: «è fatta» - perché subito ne nacque una questione di competenza che inizialmente era di spettanza del ministro per l’Ambiente (Altero Matteoli, An), ma che quello dell’Agricoltura (Giovanni Alemanno, An) intendeva avocare almeno in parte. Riuscì a farlo escogitando lì per lì che la coltivazione Ogm poteva mettere a rischio, udite udite, l’agrobiodiversità. Una cosa così strampalata che non era mai venuta in mente nemmeno al più scatenato degli ambientalisti. Fatto sta che da quel momento la definizione dei protocolli tecnico-operativi per la sperimentazione avrebbero dovuto essere approvati di concerto (ed è noto che il «concerto» è il più nodoso bastone fra le ruote del «fare») da entrambi i dicasteri. Passano gli anni e a Matteoli e Alemanno subentrano, ai relativi ministeri, Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi) e Paolo De Castro (Pd). Ai quali senza por indugio il comitato tecnico, che intanto e con calma li aveva messi in bella copia, sottopose i famosi protocolli. De Castro si dichiarò pronto a firmarli, Pecoraro neanche morto.

Fine della sperimentazione? No, perché i protocolli sono ancora lì, in attesa della firma di Stefania Prestigiacomo (Pdl) e Luca Zaia (Lega), a loro volta succeduti a Pecoraro Scanio e a De Castro. Firmeranno? E se sì, quando? Indovina grillo, caro Baralis.

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