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Olanda, ergastolo all’arabo che uccise il regista Van Gogh

Il brutale assassinio dell’autore di «Submission», che denuncia i soprusi subiti dalle islamiche, aveva scosso profondamente il Paese

Roberto Fabbri

Ergastolo. Che in Olanda, tra l’altro, è una cosa maledettamente seria, come diremo. È questa la pena a cui è stato condannato dal tribunale di Amsterdam Mohammed Bouyeri, l’immigrato marocchino che lo scorso 2 novembre ha massacrato a colpi di coltello e di pistola il regista Theo Van Gogh, «colpevole» di aver girato un film, Submission, che denuncia i soprusi cui devono sottostare le donne musulmane.
Nell’annunciare il verdetto, il presidente della Corte Udo Willem Bentick ha spiegato che l’assassino «ha agito con intento terroristico, ha ucciso senza alcuna pietà e non ha poi manifestato il benché minimo segno di pentimento». «L’omicida - ha proseguito Bentick - ha provocato nella società olandese un’ondata di paura e di insicurezza trucidando con brutalità Theo Van Gogh».
Bouyeri pagherà dunque con il carcere a vita non solo l’infamia di un omicidio bestiale, ma anche l’offesa arrecata a un intero popolo. Fedele al suo personaggio, per metà bruto e per metà gelido, il ventisettenne marocchino ha accolto il verdetto rimanendo impassibile e non ha degnato di uno sguardo la ventina tra parenti e amici della sua vittima che ieri erano presenti in aula. Tra questi la madre del regista, che ha seguito di persona ogni singola udienza: a lei nei giorni scorsi Bouyeri si era rivolto solo per dirle di non provare alcuna pietà nei suoi confronti, né rimorso per l’atto compiuto. Vestito con una djellaba (la tradizionale tunica araba) grigia e con una keffiya sul capo, si è limitato a uscire dall’aula senza dire una parola.
Due settimane fa il killer aveva confessato di aver commesso l’omicidio «per convinzione e in nome della religione, e non perché lui era olandese e io marocchino o perché io mi sia sentito insultato». «Esiste una legge - aveva aggiunto gelidamente, ribadendo di non volersi difendere in tribunale - che mi obbliga a tagliare la testa a chi insulta il Profeta. E sarei pronto a rifare la stessa cosa».
Bouyeri, lo scorso 2 novembre, non si era limitato a questo. Aveva atteso che Theo Van Gogh, discendente di un fratello del celebre pittore del diciannovesimo secolo Vincent Van Gogh, uscisse in bicicletta dalla sua abitazione nel centro di Amsterdam. Lo aveva aggredito impugnando un coltello e ferendolo gravemente. Il regista terrorizzato lo aveva supplicato di non ucciderlo, ma il giovane marocchino per tutta risposta lo aveva brutalmente sgozzato. Non soddisfatto, aveva poi estratto una pistola, sparando a bruciapelo sull’uomo agonizzante. Infine, mentre i passanti fuggivano in preda all’orrore, aveva piantato sul cadavere di Van Gogh un coltello, fissando così ai vestiti insanguinati cinque fogli sui quali erano vergate minacce di morte contro Ayaan Hirsi Ali, la parlamentare olandese di origini somale che aveva realizzato la sceneggiatura di Submission.
Dopo la condanna di ieri per Mohammed Bouyeri, che per buona misura è stato riconosciuto colpevole anche di aver tentato di uccidere otto poliziotti, si sono dunque spalancate le porte del carcere, senza fine pena. Il che in Olanda significa di regola non poter davvero sperare in alcuno sconto. Dalla fine della Seconda guerra mondiale solo due ergastolani sono stati graziati dalla regina. In un caso perché il condannato, malato, era in fin di vita. Nell’altro perché era stato riscontrato «un radicale cambiamento di vita»: ma anche questo prigioniero morì poco tempo dopo la scarcerazione, e forse le sue condizioni di salute non furono estranee alla scelta di rimetterlo in libertà.
Il verdetto di ieri sarà certamente accolto con favore da quella maggioranza di olandesi che rompendo con un’antica tradizione di tolleranza assoluta verso gli stranieri pretendono ora una linea dura verso gli estremisti islamici. Per altri, invece, poco cambierà. Come hanno dimostrato i membri del consiglio del quartiere in cui Van Gogh viveva, che hanno rifiutato di far erigere una stele a lui dedicata sul ruolo dell’omicidio «per rispetto delle diverse sensibilità».
La storia terribile di Van Gogh e del suo assassino si conclude dunque con due morti di fatto. Il regista è finito al cimitero a 47 anni, mentre, considerato che un ricorso in appello appare estremamente improbabile, il destino dell’ergastolano Mohammed Bouyeri è nelle mani della regina Beatrice.

Che quelle mani, con tutta probabilità, se le laverà con cura, lasciando il giovane marocchino nella sua tomba per vivi.

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