In Olanda il popolo non è meno sovrano che altrove
8 Marzo 2010 - 02:03Caro Granzotto, il successo elettorale di Geert Wilders che si batte contro lislamizzazione dellOlanda è stato molto criticato dal presidente Napolitano. Ma così facendo mette in discussione la democrazia attraverso la quale il popolo si esprime liberamente. Pensa forse che il sistema democratico debba contare anche su un gran giurì che separi i voti «buoni» da quelli «cattivi»? E da chi sarebbe composto? E poi non le pare esagerato marchiare gli elettori di Wilders come xenofobi o, peggio, razzisti?
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Per la verità, caro Milani, parlando di «segnali preoccupanti» Napolitano si riferiva alla piega antieuropeista del Pvv, il Partito della Libertà olandese. È dunque lantieuropeismo con la sua «illusione anacronistica», con la sua tendenza «a mettersi fuori della storia e della realtà» che arreca crucci allanimo sensibile del nostro capo dello Stato. Il quale, dando per scontata la missione multietnica, multireligiosa e multiculturale dellEuropa europeista, se la prende con gli elettori che votando Wilders hanno mostrato di non volersi assoggettare a quel destino, di non voler abiurare alla propria identità nazionale giulivamente immergendosi nei vasconi del solvente multietnico. Si rimane sempre un po sorpresi quando non viene riconosciuta la legittimità del responso elettorale, quasi che la democrazia parlamentare comporti un tribunale di ultima istanza e non sia, di per se stessa, lultima istanza. Specie se lespressione usata per condannare gli elettori del Pvv - mettersi fuori della storia, perseguire obiettivi antistorici - è ripescata dal vecchio armamentario della dialettica comunista. Ma ciascuno gioca con le carte che ha in mano e se quelle ha, quelle cala.
Che siano dentro o fuori della storia, gli elettori del Pvv hanno comunque messo fine al progetto di una società multiculturale che più dogni altra nazione occidentale lOlanda intendeva realizzare nei fatti. Cosa ancora più importante, a mio vedere, è che hanno ricusato il metodo, lo stesso adottato dai dialoghisti e dai confrontisti di casa nostra. E cioè che lintegrazione non debba procedere, col tempo che ci vuole e ce ne vuole, da entrambi i sensi. Ma affermarsi, subito, con il cedimento di una delle parti o se si preferisce con limporsi dellaltra parte. Il messaggio elettorale di Geert Wilders: «Vogliamo sottrarre lOlanda al dominio di una élite sinistrorsa che coccola i criminali e favorisce lislamizzazione del Paese» è risultato vincente. E convincenti le sue considerazioni: «Più che una religione lislam è una ideologia. Non vuole competere con le altre fedi, non vuole cambiare la vita dei singoli esseri umani, ma lintera società. A differenza del giudaismo, non vuole integrarsi nella democrazia occidentale, lislam vuole dominarla, sottometterla». A dargli torto, ad affermare il contrario agitando il fantasma di un «islam moderato», sono gli stessi che poi gli hanno negato il visto dingresso in Inghilterra. «Se avessi criticato la cristianità o il giudaismo - ha commentato Wilders - non mi avrebbero bandito. Ma lislam è intoccabile. Ho commesso quel che George Orwell avrebbe definito un reato di pensiero» (e per il quale lislam ha lanciato contro di lui una fitna: «La giusta risposta è tagliargli la testa e fargli fare lo stesso destino del suo predecessore, Theo Van Gogh, spedendolo allinferno».