«Olimpiadi a Roma? La Melandri sbaglia Un ministro non tifa»

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

Ad Antonio Panzeri, esponente milanese dei Ds e deputato europeo dell’Ulivo, non è piaciuta l’intervista in cui Giovanna Melandri ha dichiarato al Messaggero di preferire la candidatura di Roma a quella di Milano per l’Olimpiade del 2012. «Come cittadina romana posso dire che mi piacerebbe molto che Roma vincesse. Come ministro accetterò qualunque decisione del Coni», ha detto il ministro Ds dello Sport.
Panzeri, che cosa ne pensa?
«Al di là della distinzione tra cittadina romana e ministro, mi sembra una dichiarazione originale».
Perché?
«Per anni abbiamo contestato chi governava, sostenendo che quando uno è ministro è ministro di tutta la Repubblica, non solo di un territorio. E ora cadiamo nello stesso errore... se ognuno fa così, rischiamo di avere un Paese Arlecchino».
E della distinzione tra il desiderio espresso come «cittadina romana» e l’imparzialità rivendicata come ministro?
«Quando uno è ministro è ministro. Punto».
C’è un altro problema: la Melandri è ministro dello Sport con vigilanza sul Coni, che deve decidere sulla candidatura olimpica. Non pensa che questo possa influire?
«Il Coni deve decidere in piena autonomia. Per questo la dichiarazione del ministro può essere letta come un’interferenza. Sarebbe stato meglio astenersi da quella preferenza».
La Melandri dice che «non è il momento di scatenare guerre di campanile».
«Ma così facendo l’alimenta, la guerra. Una contraddizione in termini».
Lei che cosa pensa delle due candidature olimpiche in discussione?
«Credo che la cosa più importante da fare sia ragionare nei termini di una candidatura italiana».
Ma prima bisogna scegliere tra Roma e Milano.
«È una valutazione che spetta al Coni. Non essendo ministro, ho le mie preferenze e posso esprimerle. Trovo legittimo che ogni città si candidi, ma Roma ha avuto l’Olimpiade del 1960, ora tocca ad altre città. Torino ha dimostrato di saper far bene con i Giochi invernali di quest’anno...».
Quindi Milano?
«Milano ha tutte le credenziali per provare nel 2012: mi sembra la candidatura naturale. E c’è un sostegno politico trasversale».
Che cosa rappresenterebbe l’Olimpiade per Milano?
«Un’occasione straordinaria. Quando ero dirigente della Cgil, per rapporti istituzionali con i sindacati catalani ho avuto l’occasione di seguire la candidatura di Barcellona per il 1992. Quello è l’esempio: lì ho visto la città girarsi fisicamente verso il mare. Milano non ha il mare, ma deve girarsi verso l’Europa».
Non c’è il rischio che alla fine, chiunque vinca tra Roma e Milano, sia indebolita dalle polemiche politiche e campanilistiche, e quindi non possa competere al meglio davanti al Comitato olimpico internazionale?
«Certo. Per questo bisogna recuperare uno spirito unitario. E dire che è l’Italia che si candida a ospitare l’Olimpiade, non Roma o Milano».
La Melandri sostiene anche che Roma va risarcita di una presunta «penalizzazione» subita dal governo Berlusconi.
«Io la vedo diversamente. Bisogna investire soprattutto al Nord, nel sostegno del sistema produttivo. È lì il filo da riprendere, per il centrosinistra».
Sembrava che i ministri stessero rispettando la consegna del silenzio dopo la raffica di esternazioni iniziali. La Melandri va in controtendenza?
«Sono d’accordo con Prodi sul richiamo a una maggiore sobrietà. Le continue esternazioni rischiano di disorientare l’opinione pubblica.

Anche dopo la relazione del governatore di Bankitalia Draghi».
Che cosa c’entra Draghi?
«Ha costretto tutti a ritornare con i piedi per terra. Il governo è di fronte alla prova di governare. E deve tradurre in fatti lo slogan elettorale di Prodi: la serietà al governo».

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