Oltre il reportage: sguardi diversi sulle storie del mondo

Mostra fotografica fino al 18 giugno allo spazio Oberdan: eposte le immagini dei vincitori del premio Amilcare Ponchielli

Marta Bravi

«Reportage fotografici che vanno al di là dell’attualità, approfondimenti dove si misura la differenza tra una notizia e una storia». Così scrive Martino Marangoni a proposito del lavoro di Paolo Woods, sintetizzando il senso della mostra inaugurata ieri allo spazio Oberdan (fino al 18 giugno, 10-19.30 martedì e giovedì fino alle 22, ingresso libero). E non è un caso il titolo sia «Storie dal mondo. Tre viaggi fotografici»: proprio perché l’obiettivo del Grin, il Gruppo nazionale redattori iconografici, promotori del Premio Amilcare Ponchielli, è proprio quello di incoraggiare i giovani reporter e fotografi che documentano realtà difficili e spesso drammatiche con un taglio diverso dall’abituale reportage sensazionalistico di guerra.
«Mi sembra importante - spiega Daniela Benelli, assessore alla Cultura della Provincia - condividere la volontà e la capacità di avere uno sguardo “diverso”, l'attenzione a non essere per pochi secondi sul set giusto per scattare la foto epica, quella più efferata, forse solo più “furba”, da mettere in prima pagina, ma questo privilegiare il racconto approfondito, la ricerca». In mostra la vincitrice dell’edizione 2005 del premio Ponchielli, dedicato alla memoria di uno dei primi photo editor italiani, Giorgia Fiorio, che vede premiato come miglior progetto di fotogiornalismo il suo «Il Dono», testimonianza sulle diverse forme della spiritualità, iniziato con un viaggio nel mondo nel 2000 che si concluderà nel 2007, «succedendo» ad Alessandro Scotti, premiato nel 2004 per «De narcotics: atlante del narcotraffico». Dervisci danzanti, riti vodoo, pellegrinaggi, flagellazioni, meditazioni, yoga: sono alcune delle diverse manifestazioni del credere, immortalate in bianchi e neri dal formato quadrato di Giorgia Fiorio, 39 anni ma affermata professionista, «che compongono - come scrive l’autrice - un mosaico di percorsi in dissidio tra l’identità esteriore dell'individuo e il sé profondo».
Sono stati segnalati anche due autori i cui lavori sono esposti in mostra, Paolo Woods con «Caos americano», che racconta storie e vicende dell’Afghanistan e dell’Irak raccolte tra il 2002 e il 2006, e Silvia Morara, che presenta «Art. 31: diritto al gioco», «illustrazione» dell’articolo 31 della Convenzione per i Diritti dell'Infanzia delle Nazioni Unite, a sottolineare la necessità insopprimibile dei bambini di giocare, indipendentemente dal contesto in cui si trovano.

«Lo spunto è nato in Uganda - racconta la fotoreporter - dove mi trovavo per un reportage sulla guerra civile. Lì mi sono accorta che i bambini giocavano, anche se immersi in un conteso di orrore, e lì è nata l’idea del progetto sul gioco, che comprende foto di bimbi africani e milanesi intenti a giocare».

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