Omicidio di Abba, i baristi chiedono scusa: «È stato un raptus... »

Erano in aula, i due imputati. Ma hanno scelto il silenzio. Così, quello che avevano da dire nel corso dell’udienza l’hanno affidato ai loro avvocati. «Chiediamo scusa, siamo addolorati per la morte del ragazzo». Fausto e Daniele Cristofori, padre e figlio, tendono una mano ai familiari di Abdul «Abba» Guiebre, il 19enne originario del Burkina Faso ucciso da una sprangata il 14 settembre scorso dopo il furto di un pacco di biscotti nel bar tabacchi di via Zuretti. L’intenzione è chiara. Dopo aver messo in vendita la casa e la licenza per risarcire la famiglia di Abba, i Cristofori - accusati di omicidio volontario aggravato dai futili motivi - provano a limitare le conseguenze penali del loro gesto. A spiegarlo sono i loro legali, gli avvocati Elisabetta Radici e Marco Bolchini. «Appare riduttivo chiedere scusa per la morte di un ragazzo, è stato un momento estremamente triste e di rammarico, ma era questa la sede pubblica per prendere un’iniziativa del genere. Il nostro obiettivo - insistono - è dimostrare la preterintenzionalità del gesto».
Per la difesa, dunque, Fausto e Daniele non uccisero volontariamente Abba. «Sono provati da una tragedia che è anche la loro. Avevano subito vari furti, erano molto stanchi. È stato un raptus, sono pentiti». La morte del 19enne, in altre parole, sarebbe la tragica - e non voluta - conseguenza di un faccia a faccia iniziato a parole e finito con una bastonata letale. Un colpo solo, secondo i consulenti della Procura ascoltati ieri dal gup Nicola Clivio, avrebbe infatti causato il decesso del ragazzo. Lo stesso che ha aperto ferita sulla nuca profonda sette centimetri. Altre due ferite - hanno poi spiegato i periti - potrebbero essere compatibili con l’arma utilizzata, ma non c’è certezza sul punto.
Fuori dall’aula, invece, è andata in scena la rabbia degli amici di Abba. «Hanno ammazzato un negro, che condanna volete che gli diano?», ha gridato uno di loro. «Se fosse stato un negro a uccidere - gli ha fatto eco un altro ragazzo - che cosa sarebbe successo?». E comunque, «lo sconto di pena è ingiusto». Più misurate le parole di Hassan Guiebre, il padre di Abdul. «Abbiamo fiducia nella magistratura e vogliamo giustizia. Di altre cose si parlerà dopo la sentenza». Poi, però, chiede che i volti di Fausto e Daniele Cristofoli siano resi pubblici. «Perché non li fanno vedere in televisione? Hanno fatto vedere tutti, noi compresi, perché non fanno vedere gli imputati?». Uno dei legali della famiglia, l’avvocato Luca Troyer, ne interpreta le parole. «Trova solo irragionevole che non siano mostrate le immagini di chi ha ucciso il loro figlio. Abbiamo cercato di spiegargli che la legge non lo consente».


La prossima udienza è fissata per il 14 maggio, quando potrebbe anche arrivare la sentenza. In quell’occasione, il pubblico ministero Roberta Brera chiederà la condanna dei Cristofori. Insistendo sulla sua ipotesi di accusa: omicidio volontario aggravato.

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